In questo tempo il mio spirito provava gli
effetti più vivi di contrizione, di umiliazione, di amore. Vicino a questa
c’era un albero bellissimo, e in questo veniva simboleggiata la santissima
umanità di Gesù Cristo, dunque mi abbracciai fortemente a questo. Ero tanto il
contento che provava il mio spirito, desiderosa di mai più disunirmi da questo
prezioso albero di vita eterna, mi raccomandavo al mio Signore Gesù Cristo, che
con pesanti catene mi avesse legato strettamente, giacché la mia fragilità mi
faceva dubitare di stare sempre unita al suo amore. Pregavo il mio Angelo
custode, che vedevo tutto ammirato per la degnazione di questo Dio verso la
povera anima mia; pregavo i tre santi Angeli, che sono soliti favorirmi. questi
nobili cittadini celesti mi sono stati, per particolare privilegio, assegnati
dalla potenza del Padre, dalla sapienza del Figlio, dalla virtù dello Spirito
Santo, mentre questi santi Angeli appartengono distintamente ai tre divini
attributi. Questi mi conducono, mi ammaestrano, pietosi si interpongono, quando
sono manchevole verso il mio Dio.Mi raccomandavo dunque, come dicevo, che con
pesanti catene mi avessero legato a quel prezioso albero. Quando il mio Signore
mi ha dato a conoscere che l’amore suo non patisce violenza, che sarebbero
disdicevoli le pesanti catene per unire le anime al suo amore, mentre
verrebbero a togliere a queste la libertà che gli donò; ma per darmi un pegno
certo di sicurezza, mi dava a vedere come teneva legata la povera anima, senza
pregiudicare la sua libertà, per mezzo dunque di prezioso amo, unito a leggera
catenella di oro finissimo, che riteneva nelle sue mani; l’amo era profondato
nel mio cuore, sicché, per mezzo di questo dolce legame, padrone si rendeva del
mio cuore.
Oh bella sicurezza, tu rendi contento il mio cuore! Possiedimi tutta, o
santo amore! e se mille cuori avessi, tutti, tutti te li donerei!
Qual gaudio improvviso m’inonda il cuore: la bella fonte mi spruzza le
dolci sue acque, il prezioso albero china verso di me i nobili e verdeggianti
suoi rami. Mio Dio, mio amore, mio Gesù, quanto è mai grande la piena delle
vostre dolcezze! La povera anima non vi può più contenere, mio Dio, basta! Non
più».
Così dicendo mi sono trovata immersa in Dio, perduta affatto nella sua
immensità.
Il giorno 4 aprile 1814 la povera Giovanna Felice così racconta di sé. Dopo
la santa comunione, mi trovai nel medesimo luogo. Ricevuto che ebbi distinti
favori e dalla bella fonte e dall’albero nobilissimo, si tratteneva la povera
anima mia in dolce riposo, quando sono stata invitata a viepiù inoltrarmi. La
povera anima mia a questo invito si è profondamente nel suo nulla, ma
desiderosa di compiacere il suo dio, così ha preso a parlare: «Mio Dio, mio
amore, fate di me ciò che vi piace. Sono tutta vostra, ma ricordatevi che sono
la creatura più vile che abita la terra. Mio dio, mio Signore, non oscurate la
vostra gloria per beneficare l’anima mia».
Avevo appena forzato questo sentimento, quando leggiadramente sono stata
trasportata in luogo altissimo, adorno di immensa luce. Oh quanto belle cose
conoscevo per parte di intelligenza! Questo luogo mi pare si possa chiamare
specola nobilissima, dove il Signore manfesta se stesso alle sue dilette,
mentre in questo luogo viene comunicata alle anime una scienza particolare, per
conoscere e penetrare i misteri della santa fede.
Dopo essermi trattenuta qualche tempo a penetrare gli alti misteri della
fede, per mezzo di queste cognizioni la povera anima mia restava perduta amante
di questo immenso Dio, e questo Dio si manifestava perduto amante di me. Io
dunque andavo velocemente verso di lui, e lui rapidamente veniva verso di me.
La povera anima mia restava medesimata con Dio.
Santi Dottori, datemi la vostra eloquenza per manifestare questa intima
unione e i mirabili effetti di questa; non è possibile che umano intelletto
possa penetrarlo.
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