Il giorno 8 aprile 1814, venerdì santo,
racconta di sé la povera Giovanna Felice. La mattina di buon’ora mi portai alla
chiesa, a visitare il Santissimo Sacramento. In un momento fui trasportata nel
medesimo luogo in cui fui condotta il 4 di aprile. Sono invitata a sortire
fuori della porta, sono condotta in un’altura; vedo questo luogo ripieno di
spiriti celesti, che vestiti a lutto stavano adorando una croce tutta
sfolgoreggiante di bella luce, unitamente agli strumenti della passone del
nostro Signore Gesù Cristo. Anche io, a loro esempio, ho adorato quella
santissima croce, ma nel riconoscermi rea di mille delitti, mi sono data in
preda al dolore, è stata tanto eccessiva la pena, che ho inteso ad un tratto
mancarmi il respiro.
In questo tempo sono stata sopraffatta da interna quiete, quando sento la
voce del mio Signore, che così prende a parlare: «Conducete la mia diletta a
me». A queste parole sono stata leggiadramente condotta in luogo altissimo, che
non so giustamente nominare. Si può chiamare alta specola, ovvero forte
castello, dove per mezzo di nobile finestra mi si comunicava il mio Dio per
mezzo di risplendentissima luce. Riempiva di sé tutto quel luogo, il suo nobile
splendore, il suo prezioso caolore mi trasse fuori di questo luogo. «Vieni»,
sentivo dirmi, «vieni ad unirti a me a cuore a cuore!».
a queste parole mi sono trovata immersa nell’immera luce, sono stata
qualche tempo affatto perduta nell’immensità di questa luce, quando nel mezzo
di questa, ho veduto il mio caro Gesù in mezzo a quella luce. Ho veduto apparire
una bella croce, unitamente agli altri strumenti della passione del nostro
Signore. Mi manca la lena per proseguire il racconto. Mio Dio, e come mai è
possibile che vi degnate di amore tanto la povera nima mia? Che voi favorite le
anime che vi sono fedeli è una gran degnazione; ma che vi degnate di favorire
la povera naima mia, questo è un portento tanto grande da fare stupire tutto il
paradiso!
Si è dunque degnato, di propria mano, di crocifiggermi sopra quella
nobilissima croce. Dopo questo si è degnato ferire il mio povero cuore
unitamente al suo, mentre da ferro da ambo le parti tagliente, prima l’ha
pappuntato al suo nobilissimo Cuore e nel tempo stesso ha trapassato il mio,
sicché il suo prezioso sangue è venuto ad inondare il muo povero cuore, e il
mio sangue miserabile è stato benignamente ricevuto dal nobilissimo Cuore. In
questo tempo la povera anima mia ha sperimentato l’unione più perfetta che mai
possa immaginarsi.Non ho temini né parole di spiegare cosa ha seprimentato il
mio cuore.
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