2. Una stessa cosa con Dio
Il dì 31 maggio 1814 nella santa
Comunione, così racconta la povera Giovanna Felice. Fui sorpresa da somma
quiete, mi trovai in luogo ameno, solitario, tutto tendeva ad aumentare la
quiete, la pace, la soavità, quando vedo apparire un sole, molto più bello del
nostro sole; vidi limpidissimo occhio che per mezzo di questa risplendentissima
luce mi guardava, e mi tirava a sé, per parte di forte attrazione, ma il
chiarore di questa luce inaccessibile, che a me pareva un sole bellissimo, mi
faceva conoscere la mia viltà, la mia miseria.
«E come è possibile», dicevo, «o bel sole di giustizia, che possa tanto
inoltrarsi un’anima tanto scellerata come sono io? Ah, no, mio Dio, non
oscurate la vostra gloria per beneficare la creatura più vile che abita la
terra. Volgete i vostri amorosi sguardi verso tante anime vostre spose, che
fedeli vi sono state».
Per parte di questo sentimento facevo resistenza al mio amoroso Signore. La
mia ritrosia non lo provocò a sdegno, ma bensì a mostrarmi viepiù il suo
infinito amore. Ha spedito i tre santi Angeli, che sogliono favorirmi, acciò
potessero accompagnare la povera anima, che annientata in se stessa se ne stava.
Nuovamente il bel sole di giustizia ha fissato il suo limpidissimo occhio sopra
di me. Mio Dio, mio Signore, e come ti potrò resistere? Mi sono abbandonata
tutta in Dio; ecco dunque che, per parte di forte attrazione, si è sollevato il
mio spirito attraverso questa luce inaccessibile, accompagnata dai santi
Angeli, che amorosamente la scortavano e le facevano coraggio a ricevere le
grazie del sommo Dio. Ecco finalmente siamo giunti; rivolta ai messaggeri
celesti: «Vi ringrazio», dicevo loro, «vi ringrazio della carità che mi avete
usata».
Quando il bel sole in se stesso mi ha attratta, eccomi immersa in quella
luce inaccessibile; in mezzo a questa luce, vedevo bella e vasta città, ovvero
nobile e ricco edificio, magnificamente adornato. Non ho termini sufficienti di
spiegare qual veramente fosse questo immenso luogo, dove risiedeva l’eterno
Dio.
Vedevo dunque in questo immenso fabbricato tre porte; questo immenso
fabbricato era unito e distinto in tre parti, ognuna aveva la sua rispettiva
porta, benché una stessa porta fosse, e un solo fabbricato; unite e distinte
erano le porte, unito e distinto era il magnifico fabbricato; cosa così bella
che non posso spiegare, per quanto dir possa. Sono stata introdotta in questa magnificenza.
Cosa mai vidi, cosa mai udii, cosa mai sperimentai il mio povero cuore, non è
possibile poterlo ridire, il mio Dio mi unì intimamente a lui, che più non mi
distinguevo, ero divenuta, per l’intima unione, una stessa cosa con lui.
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