Il dì 16 giugno 1814 nella santa Comunione
fui condotta in luogo ameno e spazioso, il soggiorno era molto dilettevole, in
questo luogo tutto spirava carità e amore, il mio spirito si deliziava in atti
di fede, di speranza, di carità, questi atti erano di sommo valore, e molto
grati a Dio, per essere doni suoi.
La povera anima mia, per mezzo di queste virtù, si andava inoltrando verso
il suo Dio, quando ho veduto apparire nobile e leggiadro giovanetto, che verso
di me si approssimava. «Io lo ravviso», diceva la povera anima mia, «io lo
ravviso, è il mio caro Gesù».
Sentivo balzarmi il cuore nel petto, per lo contento, volevo nascondermi per riverenza;
ma la dolce sua voce si fece sentire al mio cuore: «Ti arresta, ti arresta»,
diceva, «allontana da te il soverchio timore». A queste parole la povera anima
cadde ai suoi piedi, come tramortita, parte per il rispetto e per la
venerazione, parte per l’eccessiva carità. Nel tempo che mi trattenevo ai suoi
piedi, si degnò fare nell’anima mia cinque impressioni, queste impressioni
riguardavano le virtù morali, mi donò una attività molto grande, per
esercitarmi in queste il mio Signore mi fece questa grazia, perché l’anima mia
avesse qualche merito presso di lui; al momento sperimentai i buoni effetti
della grazia, queste virtù vennero a signoreggiare nel mio cuore. Senza
dilungarmi di più, vostra paternità lo intende molto bene.
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