Dopo tre ore circa la suddetta Comunione,
era in somma quiete il mio spirito, quando mi si presentò il buon pontefice Pio
VI. Mi disse che avessi pregato per lui, che era ancora in purgatorio, per
diverse mancanze riguardanti il pontificato.
Piena di ammirazione, gli dissi io: «E cosa mai volete da me, anima
benedetta, che sono la creatura più vile, più miserabile che abiti la terra?
Andate dalle anime spose di Gesù Cristo, che vi ottengano la grazia!».
Riconoscendo me stessa e la mia scelleraggine, mi misi a piangere; il santo
Pontefice non restò persuaso alla mia confessione, ma viepiù si raccomandava.
Mossa dunque da una certa compassione, gli domandai cosa voleva che avessi
fatto per liberarlo dal purgatorio. «Va’ dal tuo padre», mi disse, «e
l’obbedienza ti manifesterà cosa devi fare per ottenermi la grazia. Ti prometto
di non abbandonarti mai, e di esserti valevole protettore in Cielo».
Dette le suddette parole, disparve. Mi porto la mattina seguente 18 giugno
1814 al mio padre [spirituale], gli comunico quanto passava nel mio spirito,
gli domandai cosa avevo da fare; il mio confessore mi impose di andare cinque
volte a Santa Maria Maggiore a visitare l’altare di Papa Pio V, e pregarlo per
la liberazione di questo suo successore, altre cinque volte mi fossi portata
alla chiesa di santa Pudenziana, pregando i santi martiri di ottenere la
grazia.
Mi porto il suddetto giorno 18 a Santa Maria Maggiore a visitare l’altare
del suddetto santo. Si raccolse il mio spirito, fui sopraffatta dallo Spirito
del Signore, quando mi avvidi che il Signore prendeva per pura sua carità della
compiacenza in me. Lo pregai di liberare il suddetto santo Pontefice dal
purgatorio. Si degnò il mio Dio di rimettere a mio arbitrio la liberazione di
quest’anima. La povera anima mia, sopraffattta dallo stupore, per l’esuberanza
della grazia: «Mio Dio», disse, «bontà infinita, lasciate che soggetti
all’obbedienza la vostra grazia; e, se vi piace, lasciate che il mio padre
destini il giorno».
Molto piacque al Signore il mio pensiero, e ad arbitrio del mio direttore
fu rimesso il giorno della suddetta liberazione.
La mattina seguente mi porto al mio direttore, gli rendo conto di quanto è
passato nel mio spirito. Mi dice il mio padre: «Io vi comando di raccomandarvi
al Signore, affinché si degni in questo giorno di liberare quest’anima dal
Purgatorio. Badate bene, mi disse, che non passi la notte! Dite al Signore che
questa è l’obbedienza che vi corre, che si degni di esaudirvi!».
Mi parto dal confessionario, mi pongo in ginocchioni, piangendo dico: «Gesù
mio, avete inteso quanto mi ha imposto il mio padre; per carità, lasciatemi
obbedire!».
Fui accertata dal mio Signore, che all’ora di Vespro, questa santa anima
avrebbe avuto l’ingresso felice nella patria degli eterni contenti.
All’ora di Vespro fui nuovamente assicurata della grazia, provando una
interna dolcezza; restai nella pace del Signore, lodando e benedicendo il suo
santo nome.
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