Il giorno 19 del suddetto mese, nella
santa Comunione, vidi questo santo pontefice davanti al trono augustissimo del
sommo Dio. Rivolta a lui lo pregai di intercedere per noi: «Santo Pontefice,
gli dissi, pregate per la santa Chiesa, particolarmente vi sia a cuore la
povera città di Roma». Unisco le mie povere preghiere con le fervide preghiere
di questo santo pontefice. Dio ci mostra il suo sdegno giustissimo contro tanti
peccati enormissimi che l’offendono, particolarmente ci mostra Roma ingrata, e
qual è il castigo preparato per questa ingrata città: dopo molte afflizioni di
ogni sorta, è il togliere a questa il grande onore di possedere la Santa Sede.
Oh quante miglia distante da te, o misera città, si sarebbe allontanata la
Santa Sede, se le fervide preghiere di questo santo Pontefice non avessero
intercesso la grazia!
Rallègrati, dunque, che la Santa Sede non partirà da te; ma non sarai
immune dal flagello che Dio è per mandare sopra la terra, per la inosservanza
dei suoi comandamenti. Se non mutiamo costumi, guai a noi, guai a noi, guai a
noi!
Grandi furono i ringraziamenti che ricevetti da questo santo Pontefice,
molte furono le promesse che mi fece di aiutarmi in tutti i miei bisogni. Mi
fece intendere ancora che molta parte avesse la povera anima mia nell’ottenere
la suddetta grazia, cioè di non castigare la povera città di Roma, con privarla
della Santa Sede. Mi disse che ringraziato avessi il mio padre, per avergli
accelerato il felice ingresso al Paradiso. Mi promise che in benemerenza della
gran carità usata verso di lui, lo avrebbe assistito nel punto della sua morte.
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