E poi si aggiunge una continua molestia,
che mi dà il tentatore nemico che non vuole assolutamente che scriva queste
cose; ha procurato di farmi credere, per mezzo di varie suggestioni, e con
farmi credere che il mio padre si fosse impazzito, gli fosse mancata la
ragione. Ecco le sue parole: «Oh stolta che sei, a dar mente a questo frate
pazzo, che cerca di aggravarti con lo sciocco comando di scrivere quanto passa
nell’anima tua! Puoi benissimo, senza mancare all’obbedienza, negare di far
ciò, dicendo che non puoi, che non hai tempo, che non sai spiegarti. Sai qual è
il motivo di questo comando? il disapprovare il tuo spirito! Sappi che quando
gli avrai consegnato i tuoi scritti, ti caccerà via, prima che lui ti cacci,
vattene via da te! Credi forse di non trovare chi ti diriga? Dove ti
accosterai, sarai ricevuta con molta attenzione».
Nel vedere che questa sciocca suggestione non dava la minima pena al mio
cuore, e come chiamerò io indiscreto il mio padre, mentre sono più di quattro
anni che Dio mi diede preciso comando di scrivere quanto passava nell’anima
mia, questo comando lo ha avuto non solo una volta, ma più volte, e tutte le
volte gli dicevo piangendo: «Mio Dio, mio Dio, dispensatemi per carità! Non ho
coraggio di dirlo al mio padre, ma se è vostra volontà, lasciate che da se
stesso me ne faccia un preciso comando».
Tutte le volte benignamente mi accordava la grazia; dunque vendomi fatto
questo comando, non posso dubitare che non sia volontà di Dio, e che il suo non
sia prevenuto da una ispirazione di Dio.
Non potendomi vincere, l’insidiatore nemico con le persuasive, si è servito
e si serve tuttora delle minaccee. «Lascia di scrivere», mi va dicendo, «guai a
te! troverò la maniera di vendicarmi. Se vuoi vivere in pace lascia di
scrivere, con i tuoi medesimi scritti ti confonderò avanti al tribunale di
Cristo giudice. Con i tuoi scritti vincerò la causa. Tu vai formando il tuo
processo, lascia di scrivere, sappi che, dopo che avrò faticato, io smarrirò i
tuoi scritti. E non ti vergogni di scrivere tante sciocchezze? Affaticati a
lavorare, bada alla casa e alla famiglia, non ti far sovvertire dall’imprudenza
di uno stolto, che pretende di occuparsi senza ragione nel registrare cose che
vengono cagionate dalla tua fantasia. Lascia di scrivere! lascia di scrivere;
se no, troverò la maniera di farti amaramente piangere!».
Ma vedendo che non può ottenere niente, neppure con le minacce, si serve di
altra astuzia. Quando scrivo, mi beffa, mi schernisce, mi insulta, mi va
dicendo: «Cassa, cassa! oh che spropositi tu scrivi delle eresie! Queste sono
cose che disonorano Dio. Ti pare piccola offesa il darti a credere di essere
favorita da Dio? Stolta che sei! qual è il tuo merito, come puoi fingere simili
fantasmi! I favori di Dio non sono per te, che hai tradito Dio! O, quanto lo
troverai diverso da quello che te lo idei! Al tribunale di Cristo giudice ti
aspetto. Oh, quanto tremerai!».
Questa suggestione veramente mi fa pena, perché fondata mi pare sulla
verità, non dice male: «qual merito è il mio per essere favorita da Dio?»; è
vero, verissimo che ho tradito, il tribunale di un Dio offeso mi fa tremare, la
povera anima mia non sa che rispondere, mi umilio, mi riconosco immeritevole
dei favori di Dio, mi metto a piangere e ricorro al mio caro Gesù: «Gesù mio, i
vostri meriti mi rendono degna dei vostri favori. Non permettete che il nemico
mi prevalga». Così resta confuso, pieno di rabbia fugge, mi promette però di
assalirmi con maggior forza in altre occasioni, facendomi credere che
sicuramente sarò infedele al mio Dio, per mezzo di una forte insidia che lui
tenderà, se ne parte per tornare con più gagliardia ad assalirmi.
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