Il dì 14 giugno, la povera Giovanna Felice
così racconta di sé. Fui favorita per speciale favore del santo precursore
Giovanni, e condotta fui in luogo molto elevato, dove mi si diede a vedere in
modo speciale Dio; fui sublimata all’alto posto di sua sposa; si degnò il
medesimo Dio di stringere con la povera anima mia la sublime unione
matrimoniale. Questo si fece per mezzo di una chiarissima luce che venne a
penetrarmi tutta e a comunicarmi i suoi splendori. Assai più di quello che
tersissimo cristallo esposto al sole sul meriggio riceve in sé non solo la sua
immagine, ma ancora le sue nobilissime qualità. E se il sole fosse capace di
amare, al certo non altro amerebbe che il tersissimo cristallo, e nel cristallo
verrebbe ad amare se stesso e il cristallo dove meglio potrebbe trovare le sue
compiacenze se non nel sole, di cui ne scolpisce l’immagine in se stesso e gli
partecipa delle sue nobilissime prerogative? Invero che mira uno specchio
investito dal sole, non dubita che quello sia il sole medesimo.
Con questa debole similitudine vengo a spiegare il grado di questa intima
unione, che Dio degnò la povera anima mia; ma la cosa è molto più sublime, e mi
pare che non si spieghi a sufficienza questa similitudine. Il mio cuore non è
pago, chiedo in carità a vostra paternità di insegnarmi il modo con cui potermi
spiegare. In questo sublime luogo mi ci condussero i santi Giovanni Battista ed
Evangelista, questa unione si fece in luogo a loro appartenente, di questo luogo
loro sono abitatori e custodi, apporta loro sommo onore, l’abitare questo luogo
li distingue come personaggi di gran merito.
Molto onore fu per l’anima mia povera la speciale protezione di questi
nobilissimi personaggi. Le schiere angeliche ed altri santi, che spettatori
furono di questo gran favore, tutti lodavano e benedicevano il sommo Dio, pieni
di ammirazione per vedermi tanto inoltrata, anzi per meglio dire tanto unita a
un Dio di infinita maestà, che più non mi distinguevo, tanto ero unita a lui.
|