Il dì 15 luglio 1814, così racconta la
povera Giovanna Felice di sé. Mi ero dimenticata di accusarmi di una mancanza
di poca carità verso il mio prossimo. Ero tutta intenta a piangere i miei
peccati, quando fu rapito il mio spirito, e condotto in luogo molto eminente,
dove il mio Dio mi diede a conoscere l’amore, l’affetto particolare che nutre
verso la povera anima mia.Nel tempo che il mio Dio mi significava per parte di
intima cognizione gli amorosi trasporti dell’infiammato suo amore, la povera
anima mia, gli notificava la necessità che ha di amarlo con tutta l’ampiezza
del cuore. Questi amorosi trasporti di due cuori amanti, venivano uniti dalla
perfetta carità di Gesù Cristo.
E tutte queste cose in Dio le conoscevo, come in vasto specchio, che ad un
tratto più oggetti si scolpiscono, tutti insieme e tutti distinti, così mi pare
di spiegare in qualche maniera quanto sperimento in me, quando sono favorita
dal mio Signore. Piena di ammirazione la povera anima mia nel conoscere il gran
trasporto di un Dio di infinita maestà, tutto intento ad amarmi. E come potrò
spiegare i grandi affetti del mio povero cuore verso questo buon Dio, quali
fossero di numero e quali nella loro estensione, si degnò consegnarmi con
specialità di affetto alla sua santissima Madre, perché mi ammaestrasse nelle
celesti dottrine e nella pratica delle sante virtù, acciò mi aiutasse la sua
valevole protezione a santificare la povera anima mia. Odo amorosi accenti, che
dolcemente così suonavano alle mie orecchie: «Mulier, ecce filius tuus». A queste parole il mio Dio consegnò la
povera anima mia alla sua santissima Madre, fui ricevuta dalla divina Madre
qual sua figlia diletta.
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