Dal giorno 24 fino al giorno 27 del
suddetto mese, la povera anima mia si affatica in questo desolato e disastroso
viaggio, per arrivare al primo tabernacolo del Signore, come già dissi nei
fogli antecedenti. Questo viaggio contiene tre gradi di sublimazione unione,
dove la povera anima mia è chiamata particolarmente dal Signore. Guai a me, se
non corrisponde all’infinito amore di un Dio amante di me, povera e misera sua
creatura!
è veramente impossibile che possa spiegare l’amore parziale che mi manifesta
questo buon Dio, dopo avere molto scritto, senza esagerazione, posso dire di
non aver detto neppure la metà dei favori, delle grazie, dei doni che mi ha
compartito il mio Dio. Questo non è per occultare alcuna di queste
misericordie, ma solo nasce dalla mia insufficenza, dalla mia ignoranza, che
non ho termini di spiegare cose che appena comprendo.
Tre sono i tabernacoli che mi ha mostrato Dio, dove si è degnato di
ricevere la povera anima mia, per unirla a sé intimamente; questi, da me
chiamati tabernacoli del Signore, dove l’anima mia è incamminata, come già
dissi, sono questi tre tabernacoli come forti e magnifici fabbricati, dove il
Signore vuol dare alloggio all’anima mia, per stringere con questa l’unione più
intima che mai dir si possa.
Questo viaggio contiene la pratica delle sante virtù, particolarmente con i
replicati atti di amore molto si cammina, con i buoni desideri, con offrirsi
vittima del santo amore, con il totale abbandono di tutta se stessa in Dio, per
mezzo delle quali cose viene l’anima a godere una certa tranquillità, una certa
pace inalterabile, senza di questo mi pare che non si possa arrivare a godere
una certa particolare unione. Conosco chiaramente che, per misericordia di Dio,
vostra paternità per me è un mezzo molto efficace per mantenermi in questo
stato, mentre vostra riverenza forma il giusto equilibrio, acciò la povera
anima mia possa mantenersi in questo stato; ma, padre mio, come faremo adesso?
Dio vuole di più, vuole che muoia affatto a me stessa. Come farò io, che sono
tanto miserabile? Ma, nonostante la mia miseria, sento tutto impegnato il mio
cuore a compiacere il mio diletto.
Adesso le significherò i suoi sentimenti alla meglio che portò, giacché
adesso non è come prima, che chiaramente parlava; ma adesso, con somma
occultezza, manifesta all’anima i suoi sentimenti, i suoi affetti, per parte di
intima intelligenza mi parla, sicché in profondo silenzio ci intendiamo
scambievolmente. Oh, quanto più eloquente è questo intendere, di quello che sia
ogni eloquente parlare. Mi ha dunque significato Giovanna Felice deve
dichiararlo diversamente.
Il dì 29 luglio 1814 nella santa Comunione la povera Giovanna Felice così
racconta di sé. Provai gli effetti più grandi di contrizione che mai dir si
possa. Questo dolore, questa afflizione mi cagionava un male che mi pareva ogni
momento di morire; sentivo tutta disciogliermi in lacrime di contrizione; mi
sentivo come consumare per l’afflizione di avere offeso Dio. Passai tutta la
giornata più o meno sempre morendo.
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