Il dì 30 luglio, nella santa Comunione,
proseguiva la povera anima mia il suo viaggio, come si disse di sopra, nel
camminare che facevo, trovai un piccolo recinto, dove mi fermai a prendere un
poco di riposo. Osservai questo luogo, lo trovai molto adatto per ricevere il
mio caro Gesù Sacramentato. Il luogo era umile ed abietto, ma molto pulito e
proprio; era circondato di forte muraglia, non aveva altra apertura che la sola
porta, e questa era piccola e di forte metallo. Andavo dicendo tra me: «Se si
degna di venire l’amato mio bene in questo luogo, io chiuderò velocemente la
porta, e così avrò il piacere di possederlo perpetuamente. Non potrà più
fuggire, lo necessiterò di trattenersi con me. E di dove potrà sortire, se non
vi è la minima fessura in queste forti muraglie? La sola porta è questa. Là
farò ben guardare dai santi Angeli che sogliono favorirmi nei miei bisogni».
Così andavo ragionando con santa semplicità, senza offendere l’infinita potenza
di Dio.
Mi accosto dunque a ricevere la santa Comunione. Si degna l’amato mio bene
di entrare nel luogo accennato. Oh, qual contento provò il mio cuore! Con
quanta sollecitudine chiusi la porta! Pregai caldamente il mio Angelo custode e
i santi Angeli che sogliono favorirmi, acciò custodissero la porta. Assicurata
che ebbi la porta, mi rivolgo, tutta allegra e contenta gli dico: «Gesù mio,
siete mio prigioniero, ma prigioniero di amore! Oh, quanto mai è contento il
mio cuore di possedervi! Ah, Gesù mio, ditemi quanto mi amate voi? io vi amo
assai assai. E per dimostrarvi il mio amore, lasciatemi morire di amore ai
vostri santissimi piedi. Degnatevi di ricevere l’offerta della cosa più
preziosa che abbia ricevuto da voi. Vi offro l’anima e il corpo, fate di me ciò
che vi piace. Se è di onore e gloria vostra l’annientarmi, annientatemi pure
che sono contenta».
Molto gradì l’amato Signore l’offerta, mi mostrò strumento molto atto a
farmi morire; volevo morire ai suoi piedi, desideravo che di sua propria mano
mi avesse ferita, ma non mi degnò di colpirmi, ma mi fece intendere che di
propria mano devo colpire il mio spirito e farlo morire per vivere tutta a lui.
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