Per non mancare all’obbedienza aggiungo
come la notte del 20 luglio mi apparve il demonio in sogno, seppur sogno si può
chiamare, mentre il mio spirito era come sopito dall’inganno del tentatore. Mi
apparve dunque in sembianza del mio confessore, vestito con abiti secolari, mi
si presentò ridendo smoderatamente, mi obbligò a baciargli la mano,
accostandola arditamente alla mia bocca. Molto mi meravigliai di questo
insolito modo di procedere, così alla libera, non solo mi obbligò a baciare la
mano, ma con due dita mi strinse gli occhi molto forte e mi fece provare molto
dolore.
Io ero fuori di me, non sapevo che pensare, perché lo credevo sicuramente
il mio confessore, mi trattenevo in ginocchioni avanti di costui, tutta
mortificata, e costui proseguiva a ridere smoderatamente, mi comandò poi di
andare con lui. Vado per obbedire, e costui mi conduce in luogo solitario,
molto crebbe in me la pena, invocai il mio Dio e costui disparve. Ringraziai
infinitamente il mio Dio di avermi liberata dalle mani dell’insidiatore nemico.
Dopo che costui mi ha toccato gli occhi, come disse di sopra, quando il Signore
mi dà qualche buon sentimento unito alle lacrime, prima che possono sortire
dagli occhi miei, provo un dolore tanto eccessivo che mi pare che mi si
dividono per mezzo; questo dolore mi viene cagionato dalle prime due lacrime,
il resto poi scorrono dolcemente e teneramente verso il donatore amoroso che me
le comparte in tanta copia che formano prezioso ruscello per dissetare la
povera anima mia. Assai più dolci sono per me le lacrime di quello che dolce
possa gustarsi preziosa bevanda.
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