Ero incinta della prima figlia, già erano scorsi
sette mesi di questa, quando la giustizia di Dio, giustamente irritata contro
di me, voleva punire la mia audacia con tremendo castigo del suo giusto furore:
s’interpose la misericordia infinita del mio Dio e, per mezzo di Gesù
crocifisso, mi liberò da mortale colpo.
Crocifisso mio Gesù, amor mio, già
piombata sarei nell’inferno, se voi prodigiosamente non mi aveste liberato.
Quali e quante sono le obbligazioni che vi professo, amor mio, vi rendo
infiniti ringraziamenti.
Ecco il fatto come fu. Al mio consorte fu
regalata un’arma da fuoco (pistola), una mattina si alzò di buonora, prese
quest’arma. Io ancora non mi ero levata dal letto, lo pregai a volere scaricare
quell’arma, mentre per essere inesperto di quella, credevo potesse piuttosto
offenderlo che difenderlo. Il suddetto per compiacermi, alla mia presenza
scaricò quest’arma; dopo averla scaricata, per dimostrarmi la sua espertezza
mirò l’arma verso di me.
Ecco si sente una voce che lo sgrida, e gli
comanda di mirare altrove il colpo. Obbedì, contro sua voglia, mentre eravamo
entrambi certi che l’arma fosse scarica; ma, cosa tremenda e insieme
prodigiosa: l’arma era carica di altra palla, ancora capace di levarmi la vita.
Colpì il mortale colpo l’immagine di un santissimo Crocifisso, che stava poco
distante dal mio capo; il cristallo del piccolo quadro si fece in minutissimi
pezzi, il muro restò bucato e il santissimo Crocifisso restò illeso.
Fu tale e tanto lo strepito del colpo, che
parve una cannonata; come restammo storditi e spaventati non è possibile
ridirlo. La puzza, il fumo che tramandò questo colpo non pareva cosa naturale.
Accorsero spaventati i pigionanti, credendo che fosse rovinata la casa.
Eppure, chi lo crederebbe? non fu questo
sufficiente a ricordare alla mia mente l’enorme delitto che avevo commesso. Mio
Dio, quale pazienza avete esercitato verso di me! Siate benedetto in eterno.
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