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Beata Elisabetta Canori Mora
Diario

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE SECONDA – LE NOZZE MISTICHE (Dal 1813 al 1819)
    • 16 – DIO HA VIBRATO VERSO DI ME UN DARDO AMOROSO
      • 5. Un alto posto tra le vergini
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5. Un alto posto tra le vergini

 

Prima di farmi intraprendere il disastroso viaggio, il mio Signore mi ha condotto in bella e amena pianura, bella e verdeggiante campagna, smaltata di preziosi fiori. In queto luogo si degnò il giorno 30 agosto 1814 di favorire la povera anima mia con grado molto particolare di unione. Qual dolcezza mi fece gustare! di quali abbracciamenti mi degnò, con quale unione mi unì a lui, come restai medesimata con quell’immenso bene, quale amore mi compartì, non so spiegare cose molto grandi.

Molto copiosa fu la cognizione che mi compartì Dio di se stesso. A queste cognizioni fui sopraffatta dallo stupore, e rapita dalla cognizione, mi andavo inoltrando viepiù ogni momento. Più mi inoltravo, e più mi innamoravo dell’infinito essere di Dio. Più amavo, e più lo conoscevo degno di amore. Mio Dio, mi manca la maniera di spiegare i dolci effetti che mi faceste sperimentare in questa perfetta unione. La mia grande ammirazione veniva cagionata da due riflessi, uno è di conoscere le alte perfezioni di Dio, l’altro è di conoscere qual gaudio prova Dio in se stesso nel beneficarmi. Padre mio, mi è di sommo rossore il proseguire, ma per non mancare all’obbedienza proseguirò, a gloria di Dio, protestandomi di narrare semplicemente l’accaduto, senza il minimo pensiero di sostenere le mie idee, ma lascio a vostra paternità il deciderle.

Mi ha dato a conoscere qual gaudio abbia provato il suo amoroso cuore in possedermi intimamente, per mezzo di questa unione qual contento le sia di essere amato da me, povera e misera creatura.

«La ricompensa» mi disse, «che sono per darti si è l’alto posto tra le vergini. Sì, mia diletta, tra queste sarai annoverata. Ti amo non meno di quelle che amai la mia Teresa, la mia Geltrude, figlia, oggetto delle mie compiacenze! Quanto grande è la gloria che ti aspetta! Ringrazia l’infinito amor mio, tanto parziale verso di te. La mia predilezione ti rende oggetto delle più alte ammirazioni dei cittadini del cielo. Figlia, diletta mia, parla, domanda che vuoi, cosa ti potrò negare, figlia, arbitro del mio cuore?».

A queste parole amorose l’anima dette uno sguardo a se stessa, e riconoscendosi immeritevole di tanto favore, dette in dirotto pianto. «Mio Dio», diceva piena di confusione, «e come mai, mio Dio, vi potete compiacere in me, che sono la creatura più vile che abita la terra? Mio Dio, non oscurate la vostra gloria, per beneficare quest’anima ingrata. Mio Signore, amo assai più la vostra gloria che il mio proprio interesse! Mio Dio, non posso più sostenere la piena della vostra carità. Basta, Signore, non più».

Sentivo, per la violenza dello spirito, sollevare il corpo; per l’attrazione la fiamma della carità mi aveva come incenerito, e, perduta ogni sensazione, mi pareva di più non esistere.

 




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