Il dì 5 settembre 1814 racconta la povera
Giovanna Felice di sé. Fui sorpresa da interna quiete, quando vidi in quella
strada spinosa il mio spirito che si avanzava nel suo viaggio, appoggiato al
misterioso bastone anzidetto. Nel ricevere la santa Comunione il mio Dio mi si
è dato a vedere con tanta chiarezza, che la povera anima mia è restata rapita
dall’infinita bellezza di questo amabile Signore. Sono restata alienata dai
sensi, ma per timore che nessuno si fosse avveduto di quanto seguiva in me, ho
procurato di richiamare lo spirito alla meglio, col privarlo di rimirare
nuovamente quell’immenso bello.
Mi sono privata di rimirare oggetto sì caro, per non mancare all’obbedienza
che professo a vostra paternità, sapendo quanto desidera che occulti il mio
spirito, ma ciò nonostante la luce inaccessibile che si manifestava al mio
intelletto, faceva ardere la mia volontà di amore ardente. La fiamma della
carità sollevava il mio corpo da terra. Nel sentirmi tanto leggero il corpo,
che per l’attrazione dello spirito si sollevava leggiadramente, mi raccomandai
caldamente al Signore, acciò nessuno si avvedesse di questa grazia, e per
quanto potei, procurai di stabilire immobile il mio corpo.
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