Il dì 22 settembre 1814 ero fuori modo
afflitta per aver mancato alla carità del prossimo con parole, dopo essermi
confessata proseguivo a piangere amaramente il mio peccato, quando ad un tratto
fui sorpresa da interna quiete, la più intima che si possa mai dire. In questa
quiete ho veduto il mio spirito in figura di candida pecorella vicino al mio
Signore, che sotto l’aspetto di amoroso pastore, mi accarezzava.
Oh, quante finezze faceva questo pastorello alla sua pecorella! Dopo averla
accarezzata, la baciava; le partecipava la sua dolcissima saliva, ovvero per
meglio dire, mi partecipava dolcissima acqua, che scaturiva dalla sua divina
bocca, e questa era come prezioso liquore, di questo mi porgeva con la sua mano
santissima.
«Nutrisciti, saziati di me», diceva, ponendo nella bocca della pecorella il
prezioso liquore; ma, come questo non fosse bastante a saziare l’infinito amor
suo, si è degnato di unire la bocca sua alla bocca della pecorella, e
amorosamente l’affiatava, perché questa vivesse della sua stessa vita.
E come potrò io spiegare i mirabili effetti che ha sperimentato il mio
cuore.Lascio a vostra paternità il poterlo immaginare, il che sarà più facile
di quello che posso io ridire.
Dopo aver ricevuto tutto questo bene, mi fece riposare presso di lui, e in
segno di sicurezza poneva sopra la pecorella il suo bastone, mi diceva:
«Figlia, non temere i tuoi nemici. Sarai di questi vittoriosa».
Volgo lo sguardo e vedo in qualche distanza una moltitudine di lupi che mi
insidiavano, ma non gli era permesso di avvicinarsi, per la rabbia ruggivano e
dispettosamente con i loro artigli zappavano la terra. A questo vedere, tutta
sollecita mi volgevo al buon pastore per il timore che quei lupi si
avvicinassero. Fui assicurata che nessuno mi avrebbe molestato. Assicurata su
di ciò riposai in pace.
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