Il dì 23 ottobre 1814 dopo la santa
Comunione, racconta di sé la povera Giovanna Felice: il mio spirito fu prevenuto
da interna illustrazione, e fui come trasportata al di sopra del mondo, mentre
mi vedevo in luogo così eminente, senza mai perdere la cognizione del proprio
mio nulla, vedevo il mondo ripieno di miserie e peccati, vedevo la Chiesa sotto
il simbolo di forte e magnifico fabbricato, che fortemente era scossa da
furioso vento. Questo vento invano faceva prova di rovinarla; già era sul punto
di cadere. Un’anima a me cognita, per comando di Dio e per la compassione che
sentiva di vedere la Chiesa di Dio così dibattuta dal vento delle massime
insane di tanti che, sotto le ombre di bene, pretendono di rovinarla, costoro
tirano sopra il mondo i fulmini del cielo; ma Dio saprà, con la sua infinita
sapienza, punire gli empi, e salvare gli innocenti.
Quest’anima dunque, andava piena di fede, mossa dal comando di Dio e dalla
carità, andava a sostenere il magnifico fabbricato, che è quanto dire chiedeva
la suddetta anima in grazia il sospendere la sua divina giustizia; mentre
nell’altezza in cui la suddetta si ritrovava godeva negli ampi spazi della
divinità, la vicinanza di Dio; e come solo si trovava in quella immensità tutta
raccolta in Dio, che la degnava dei casti suoi abbracciamenti, cosa mai
conosceva di immenso, di magnifico, di infinito non è spiegabile, qual
perfezione in quel momento compartiva Dio a questa anima non è spiegabile;
compiacendosi Dio di averla a sé avvicinata la rese oggetto delle sue
compiacenze, così condonò alla suddetta il suo sdegno irritato; in quel momento
la rese arbitra del suo cuore.
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