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Beata Elisabetta Canori Mora
Diario

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE SECONDA – LE NOZZE MISTICHE (Dal 1813 al 1819)
    • 18 – VITTIMA PER LA SANTA CHIESA
      • 6. Feci l’esproprio di tutto ciò che si trova in me
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6. Feci l’esproprio di tutto ciò che si trova in me

 

Il 1 novembre 1814 la mattina dopo la santa Comunione, per ordine del mio padre mi portai a Santa Maria Maggiore, dove feci l’esproprio di tutto quello che si trova in me, tanto nell’ordine della grazia, quanto nell’ordine della natura: i sentimenti del corpo, gli affetti del cuore, le potenze dell’anima, e tutto quello che si trova in me, tutto, tutto offrii al divin Padre, tutte le sue misericordie, che ha finora usate verso di me, e tutte quelle che si degnerà farmi per il tratto successivo, fino alla mia morte. Così, per compiacere il mio Signore, rinunziai a ogni qualunque vantaggio e onore mi possa avvenire nell’amarlo e servirlo, protestandomi da quell’ora in poi di rendermi incapace di meritare per me stessa, in vigore dell’offerta suddetta, ad onta di ogni qualunque grande opera possa mai fare, per meritoria che ella sia, in tutto il corso della mia vita, ma povera e nuda affatto voglio e desidero comparire avanti al tribunale di Cristo giudice. Rinunciando a tutti i propri vantaggi, per la gloria del medesimo Dio, solo desidero e voglio sia glorificato, non cercando più per me né eterna vitaeterna morte, ma tutta abbandonata alla sua carità, senza altro pensiero che la sua maggior gloria.

 

Il primo di novembre 1814, la mattina dopo la santa Comunione, per ordine del mio confessore, mi portai a santa Maria Maggiore, dove feci lo sproprio di tutto quello che, per la grazia di Dio, si trova in me, tanto nell’ordine della grazia, quanto nell’ordine della natura, e a vantaggio della nostra Madre, la santa Chiesa, e dei peccatori, e di quelli che non conoscono Dio. Offrii i sentimenti del corpo, gli affetti del cuore, le potenze dell’anima mia e tutte le misericordie che Dio ha usato finora verso di me, e tutte quelle che si degnerà usare verso di me per il tratto successivo, fino alla mia morte, come si è detto nei fogli passati.

 

Fatta la suddetta protesta, sono restata spogliata affatto di ogni bene. In vigore della rinunzia che ho fatto a Dio, mi sono resa incapace per me stessa di meritare cosa alcuna. Fatta dunque l’offerta, in unione di quella che fece Gesù Signore nostro, per amore del genere umano e per la gloria dell’eterno suo Padre, unii il mio povero sacrificio in unione dei fini nobilissimi che ebbe la sua santissima Umanità nel sacrificarsi sul patibolo della croce a vantaggio di noi, poveri peccatori.

Vedo apparire due Angeli, con due calici in mano, che con profondo rispetto tenevano nei suddetti calici la povera mia offerta, che, in virtù dei meriti di Gesù Cristo, ai quali l’avevo unita, come dissi di sopra, si era cambiata in preziosissime gioie e in prezioso liquore. Questi santi Angeli, pieni di affetto verso la povera anima mia, mi introdussero in luogo vasto e magnifico, era questo luogo ripieno di luce. I santi patriarchi Felice e Giovanni mi si fecero incontro e mi accompagnarono all’augusto trono di Dio. Con somma pompa i santi Angeli presentarono i due calici nelle mani dei santi patriarchi, i santi patriarchi li consegnarono nelle mani di Maria SS., che supplichevole si tratteneva all’augusto trono di Dio. Lei stessa presentò i due calici all’eterno Padre. Che bella comparsa facevano quei calici nelle mani di Maria Vergine santissima molto più belle e piene di splendida luce erano le gioie, ed il liquore tramandava un odore soave. I suddetti calici restarono fissi avanti al trono di Dio.

 




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