Il dì 4 novembre, assistendo alla Messa
cantata in San Carlo alle Quattro Fontane, fui sopraffatta da interna quiete,
quando mi furono manifestate le ingiurie, gli affronti, gli strapazzi che il nostro
Signore Gesù Cristo riceve dai suoi ministri, particolarmente da quelli che
amministrano la giustizia, da quelli che governano.
Vidi come questi barbaramente ponevano sotto i loro piedi il crocifisso
Signore, come temerariamente laceravano le sue carni verginali, quanti
affronti, quante ingiurie, quanti strapazzi! Nel vedere simile nefandità, il
mio spirito, pieno di un santo zelo, volevo io stessa precipitare per
distruggere gli iniqui persecutori del mio crocifisso Signore. Ero sul punto di
gridare giustizia sopra questi miseri, quando mi è apparso il mio caro Gesù,
tutto amore verso i miseri persecutori. La sua carità ha comunicato al mio
povero cuore amore e carità verso i suddetti.
«Ah, figlia», mi disse il Signore, «chiedi misericordia e non giustizia! Io
non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva». Nel dire queste
parole, ha tramandato dall’amoroso suo cuore un raggio di splendidissima luce.
«Prendi», mi disse l’amantissimo Gesù, «prendi, o mia diletta figlia, nelle tue
mani lo splendore della mia misericordia. Distendi sopra questi il forte
riparo, per sostenere i fulmini dell’irritata giustizia».
A queste parole, con sommo rispetto e riverenza, ho preso nelle mie mani il
raggio di splendidissima luce, che tramandava dal suo SS. Cuore, e unitamente a
Gesù Cristo ho disteso questo forte riparo sopra i suddetti. Sono poi ad un
tratto passata a vedere la irritata giustizia. Oh, Dio, che terrore, che
spavento! Oh come mi pareva che al momento volesse subissarli, ma il forte
riparo che aveva posto Gesù Cristo sopra di loro, per mezzo di quella luce,
come si è detto di sopra, faceva sì che i fulmini dell’irritata giustizia non
fossero atti ad incenerirli; ma se dopo tante misericordie non mutiamo costumi,
guai a noi, guai a noi! la misericordia si cambierà in furore.
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