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Beata Elisabetta Canori Mora
Diario

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE SECONDA – LE NOZZE MISTICHE (Dal 1813 al 1819)
    • 20 – NATALE 1814
      • 2. Il Sommo Pontefice piangeva
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2. Il Sommo Pontefice piangeva

 

Vedevo dunque in questo luogo ogni classe di persone, vedevo religiosi di ogni ordine, vedevo sacerdoti, monache e secolari, ma una cosa osservai che nessuna era in corpo, ma i religiosi dei rispettivi ordini adoravano il divin pargoletto tutti dispersi, chi qua, chi , solo i Padri Gesuiti erano tutti uniti, tutti in corpo adoravano il nato Salvatore, poche monache vedevo, molti religiosi, come già dissi, tutti dispersi, pochi vescovi, nessun cardinale, nessun prelato, poche dame, molte donne devote.

Vedevo il nostro Sommo Pontefice vicino al beato presepio, che piangeva e sospirava, e tramandava dai suoi occhi profluvi di lacrime.

In quel momento ebbi un sentimento interno, e conobbi la cagione del suo pianto. Piangeva, sospirava raccomandava a Gesù Bambino la santa Chiesa; ma non fu accettata la sua preghiera. A questa cognizione, mossa dalla carità, benché mi riconoscessi affatto indegna, ciò nonostante unii le mie povere lacrime e preghiere a quelle del nostro Santo Padre. Pregai caldamente Gesù Bambino acciò si volesse degnare di esaudire il suo Vicario; ma niente si ottenne.

Oh, come è sdegnato Dio con la santa Chiesa e con i suoi ministri! Il divino infante, presa un’aria maestosa e severa, mi fece intendere che la Chiesa è in stato di punizione, e non c’è chi possa rimuoverlo: il decreto è già fatto. Mi fece intendere che avessi cessato di pregare per la suddetta, se non volevo disgustarlo. Mi diceva quel caro Bambino: «Cessa di pregare, o mia diletta figlia; solo abbi a cuore il mio onore e la mia gloria».

A questa cognizione intellettuale il mio povero spirito cessò di pregare. Allora il divino infante, presa un’aria piacevole e tutto amore a me rivolto, mi disse che avessi pur chiesto quello che volevo. La povera anima mia, piena di confusione per vedermi senza alcun merito tanto favorita da questo amoroso Signore, mi misi a piangere, e non ardivo parlare, ma umiliandomi gli chiedevo perdono, ma il divin pargoletto mi obbligò a palesare i miei desideri, la sua piacevolezza mi dette coraggio, e così presi a parlare: «Ah, Gesù mio, la grazia che io desidero, voi la sapete! Voglio corrispondere alla vostra grazia. Ah, Gesù mio, fatemi morire, o fatemi la grazia di corrispondere. Mi è di troppa pena di non corrispondere. Io non voglio più essere ingrata al vostro amore. Fatemi morire, o datemi la corrispondenza; e se non basta la morte, mandatemi all’inferno! Se ho da proseguire ad essere ingrata al vostro amore».

 

Nel fare simili espressioni, il mio spirito si accendeva di amore verso Dio, tanto eccessivo era l’amore che più non potevo contenerlo.

Padre mio, io non so ridire i mirabili effetti che cagionò in me questo eccessivo amore. L’amore mi portava rapidamente a Dio, e Dio si degnava formare in me le sue più alte compiacenze. In questo felice momento mi promise la grazia della corrispondenza. Oh, come il mio cuore esultò a questa promessa. Andava la povera anima mia ripetendo tra sé, piena di gaudio: «Dunque, Gesù mio, sicuramente corrisponderò alle vostre misericordie! voi me lo avete promesso, ne avete impegnata la vostra parola! Dunque è certo, anima mia, rallegrati, che arriverai ad amare un Dio di infinita maestà. Mio Dio, qual consolazione è la mia! ah, lasciate che fin da questo momento io vi ami una volta davvero!».

 




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