Il giorno 13 gennaio 1815, giorno di
venerdì, così racconta Giovanna Felice: Molto grande fu l’interno raccoglimento
che mi donò il mio Signore, fin dalla prima orazione, che sono solita fare la
mattina subito levata. Questo raccoglimento era unito a una viva presenza di
Dio, per mezzo della quale la povera anima mia si umiliava profondamente, e il
Signore mi donava una fiducia veramente filiale.
Oh, come per mezzo di queste due virtù, la povera anima mia si avvicinava
al suo Dio! Oh, come leggiadramente andava appresso al suo amoroso Signore, che
dolcemente la tirava per parte di interna compiacenza! Con sommo silenzio
andava appresso a lui, non altro cercando che compiacerlo.
Nella santa Comunione molto si aumentò il suddetto raccoglimento. Dopo
essermi trattenuta qualche tempo dopo la santa Comunione, mi partii dalla chiesa
e mi portai alla mia casa, procurando di scuotermi alla meglio, per dare di
mano alle faccende domestiche; ma invano fu ogni mio studio per riscuotere il
mio spirito; anzi ogni momento più si sopiva, di maniera tale che fui obbligata
a lasciare le faccende domestiche.
Mi ritirai nella mia camera, mi misi in ginocchioni, posta che fui in
orazioni, il mio spirito fu trasportato sul monte Calvario, dove vidi la
spietata crocifissione del nostro Signore Gesù Cristo. A questa vista così compassionevole
fui sopraffatta da compassione tanto viva che l’amore mi rendeva partecipe
della pena che soffriva l’amato Signore. Un torrente di dolorose lacrime
inondarono il mio povero e afflitto cuore; dalla pena, dal dolore venne meno il
mio corpo e cadde sul suolo. Stetti in questa situazione dalle ore 18 fino alle
ore 24.
Il dì 20 gennaio, giorno di venerdì, mi accadde lo stesso fatto, come il
giorno 13 surriferito.
|