Dal primo di maggio fino al giorno 8 del
suddetto mese, il mio spirito nelle orazioni soffre una pena ben grande. Il mio
spirito è chiamato intimamente da Dio, questo va sollecitamente alla dolce
chiamata; macché, un ostacolo mi si frappone e mi impedisce di andare a Dio
liberamente. Io non so cosa sia questo; so bene che mi cagiona gran pena,
perché nel tempo che spero di godere il sommo bene, ne sono respinta, non con
violenza, né con sdegno, ma con dolcezza, senza mai perdere la vista del mio
Dio; ma mi viene da questo ostacolo contrastato il possesso, non potendo
ottenere il possesso del sommo bene a cui aspiro, il mio spirito si annienta in
se stesso, nell’annientarsi che fa lo spirito, da forza superiore ne è
sottratto.
In questo tempo perdo ogni cognizione intellettuale, e per qualche tempo
restano sospese le potenze dell’anima, e il corpo resta alienato dai sensi,
senza conoscere cosa alcuna; ma per parte di notizia molto occulta, so
benissimo di essere in questo tempo favorita dalla grazia di Dio.
Dal giorno 9 maggio 1815 tutto il giorno 10, il mio spirito ha goduto
particolar favore dall’infinita bontà di Dio, che mi ha degnato di grazia molto
particolare, ma io non so manifestare.
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