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Beata Elisabetta Canori Mora
Diario

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE SECONDA – LE NOZZE MISTICHE (Dal 1813 al 1819)
    • 25 – PREZIOSA GEMMA DAL CUORE DI MARIA
      • 4. Un cammino afflittivo
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4. Un cammino afflittivo

 

Il 7 giugno 1815, nella santa Comunione, racconta la povera Giovanna Felice: mi ha fatto il Signore intraprendere un cammino molto disastroso e afflittivo, che contiene vari travagli, riguardanti lo spirito. Questa strada conduce l’anima ad un grado di perfezione molto eccellente. Questa strada, dunque, contiene tre gradi di unione molto particolari. Molti sono i travagli che si devono soffrire in questa strada; ma particolari sono gli aiuti che il Signore si degna di dare.

 

Il giorno 7, 8, 9 e 10 giugno 1815 sperimentai nel mio spirito le pene più gravose che possono mai ridirsi: desolazioni, aridità, mestizia, tristezza, le angustie più afflittive, particolarmente ho sofferto una pena tanto grande che io non so ridire, ma mi pare che si possa chiamare smarrimento di spirito, perché sperimentavo in me quella pena, quella afflizione che si è soliti sperimentare da un viandante, quando nel buio della notte si è smarrito in una tetra selva. Il ruggito degli animali selvatici gli reca terrore e spavento, le rovinose balze gli rendono penoso il cammino, i pericoli imminenti di cadere l’affliggono, da ogni intorno non altro trova che immagini che la spaventano, non sa a quale partito appigliarsi, se fermarsi ovvero camminare; ma come camminare, se le rapide acque dei laghi vicini mi attraversano il cammino e fanno prova di sommergermi? Il cuore angustiato gli manca il coraggio di proseguire il viaggio; la povera anima mia, piangendo e sospirando, si volge al suo Dio piena di affetto gli dice: «Mio Dio, mio Dio, che luogo è questo mai, che luogo è questo?».

A questa mia domanda, si sentiva rispondere sovrana voce, che nel silenzio del luogo selvatico faceva eco, così dappertutto si sentiva risuonare: «Figlia, cosa paventi? Io sono con te: prosegui con santo ardire il tuo viaggio; questo ti conduce al termine. Mira, o diletta mia figlia, l’alto grado di perfezione che ti aspetta, fissa il tuo sguardo colà e troverai conforto».

A queste parole fissai lo sguardo nell’alto dei cieli, cosa vidi mai, io non lo so dire. Questa bella vista bastò per consolare il mio cuore, angustiato da mille pene, come già dissi; ma quello che più mi affliggeva era che andavo per camminare e non potevo, cercavo la luce e non la trovavo, piangevo, mi affliggevo, mi affaticavo, e viepiù smarrita mi trovavo, chiamavo il mio Dio e non mi ascoltava, ma fissato che ebbi lo sguardo colà, non più gravoso fu per me questo cammino, ma dolce e soave lo rese quel termine che Dio mi mostrò. , è sempre fisso il mio sguardo.

 




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