Il dì 15 giugno nella santa Comunione il
mio spirito si ritrovò nella strada anzidetta, mi affaticavo proseguendo il mio
viaggio, come già dissi. La povera anima mia invocava ardentemente il suo Dio,
pregandolo a volersi manifestare per dare al mio spirito qualche conforto. Si
degnò il buon Dio di esaudire le mie povere preghiere, e mi degnò di grado
molto particolare di unione. Mio Dio, e come potrò io, miserabile senza
talento, manifestare i prodigi più grandi del vostro amore infinito?
Si degnò dunque, per sua bontà, di unirmi a sé intimamente. In quel felice
momento impresse nel mio spirito una viva immagine di se stesso; a questa
impressione eccomi in un momento trasformata in Dio. Oh, cosa mai sperimentai
nelle potenze dell’anima mia, io non lo so ridire, ne lascio al saggio
intendimento di vostra riverenza degnissima il poterlo comprendere. Quello che
posso dire, per non mancare all’obbedienza, si è che fu tale e tanta
l’effusione della grazia, tanto grande l’amore che mi trasfuse Dio in quel
felice momento, molto grande fu la giustizia che mi donò; la purità, l’umiltà,
la semplicità gareggiavano nel mio cuore, per rendere onore e gloria al mio
Signore. Offrivo gli alti meriti del mio caro Gesù, ma questo si faceva da me
in una maniera molto particolare, in virtù di quella grazia infusami.
Molto gradì l’eterno Dio la mia orazione e la valevole offerta degli alti
meriti di Gesù, che fissò lo sguardo in quelle virtù anzidette, che adornavano
la povera anima mia, che mi aveva donato nella suddetta unione, riguardandole
non come mie, ma come opere sue proprie. Fissò dunque il suo sguardo in quella
prodigiosa purità, che si è degnato donare alla povera anima mia, a confronto
dello stato coniugale, come è noto a vostra paternità, e mi chiamò «eroismo
della sua grazia». Se questa virtù, che si degna di darmi il Signore, per pura
sua misericordia, meriti il nome di eroismo, lascio a vostra riverenza
giudicarlo, sapendo molto bene di qual calibro siano i continui prodigi che mi
fa il Signore su di ciò.
Dal giorno 15 fino al giorno 22 giugno 1815 il mio spirito è andato
camminando per la suddetta strada. Si va di giorno in giorno avanzando in
questo penoso cammino; ma, affidata alla particolare protezione di Dio, si fa
coraggio, soffrendo con rassegnazione le pene interne ed esterne, tenendo fisso
lo sguardo a quel termine che mi mostrò nel farmi intraprendere il suddetto
viaggio. Non so dire se questo termine sia per me il termine della vita, ovvero
il termine di quella perfezione a cui Dio, per sua infinita bontà, ma ha
destinata fin ab aeterno. Oh, come
l’anima mia a questi riflessi si accende di santo amore, e va estatica
ripetendo: «Mio Dio, fino ab aeterno
mi amasti! O amore, o eccesso, o carità!».
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