Dal giorno 15 fino al giorno 17 del
suddetto mese di luglio 1815, il mio spirito si è occupato nel meditare la
passione e morte del suo Signore. In questa meditazione si è degnato Dio di
compartirmi molte lacrime di compassione dei suoi dolori, di dolore per averlo
offeso con tanta ingratitudine, di gratitudine nel vedermi tanto beneficata,
nonostante la mia ingratitudine, tra lacrime finalmente di amore, desiderando
ardentemente di amarlo con tutta l’ampiezza del mio povero cuore, per
compensare in qualche maniera l’amore tradito, offrendomi a patire qualunque
pena per l’oggetto amato. L’amore veemente riconcentrava lo spirito
intimamente, dove mi pareva trattenermi familiarmente con il mio Signore.
«Gesù mio», diceva la povera anima mia, piena di santo affetto, «caro Gesù
mio, ditemi cosa pensavate voi, quando io mi ero allontanata da voi con tanti
peccati. Pensavate voi forse di incenerirmi con i fulmini della vostra irritata
giustizia? o con aprirmi la terra sotto i piedi, per farmi da questa ingoiare,
e così farmi provare il rigore della vostra giustizia per tutta l’interminabile
eternità?».
Così rispondeva il mio caro Gesù: «No, mia cara figlia», diceva l’amante
Signore, «no, mia cara figlia! Io peroravo la tua causa presso il Padre mio,
con tanta premura, come se la mia felicità dipendesse dal possedere il tuo
amore. Sorella mia sposa, mi hai ferito il cuore, amante ti invito a morire in
croce».
A tali parole l’anima mia bruciò di amore. Oh incendio amoroso del mio buon
Signore, partecipe rendi il mio povero cuore! Era tanta la fiamma che ardeva
nel mio seno, che l’anima languiva di amore.
Dal giorno 18 luglio 1815 fino al 25 del suddetto mese, racconta la povera
Giovanna Felice di sé: il mio spirito in questi giorni se n’è stato godendo un
particolare raccoglimento, dove più o meno godeva la familiarità di Dio; mi
trattenevo alla sua presenza, ora piangendo i miei peccati, ora sperando nelle
sue divine misericordie, ora desiderando ardentemente di amarlo, porgendo verso
di lui infocati sospiri e lamentevoli gemiti; offrendo tutta me stessa,
desideravo patire quanto mai dir si possa, per compiacerlo.
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