Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Beata Elisabetta Canori Mora
Diario

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE PRIMA – PRIME ESPERIENZE MISTICHE (Dal 1807 al 1809)
    • 1 – IL SOLO DIRETTORE: GESÙ CROCIFISSO
      • 4. Una grave malattia
Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

4. Una grave malattia

 

Erano già trascorsi venticinque anni della mia età, cinque di matrimonio, quando mi sopraggiunse al male di stomaco una malattia mortale, che mi ridusse agli estremi della vita. Fu questo l’ultimo colpo di grazia, che mi destò dal letargo mortale in cui giaceva la povera anima mia.

Fui dunque sorpresa da febbre putrida maligna con altri mali complicati; diciannove giorni stetti priva di ogni umano pensiero, ma il pensiero dell’eternità, in cui sicuramente credevo di dover passare, teneva tutte impiegate le potenze della mia povera anima. Non cercavo rimedio al mio male, né di sostentare le mie deboli forze; ma solo, rivolto il mio cuore al Signore, gli domandavo misericordia e perdono. Prevenuta dalla grazia, eccessivo era il dolore dei miei peccati, le mie speranze erano nei meriti del mio Gesù crocifisso, che tenevo sempre stretto nelle mie mani, con questo sfogavo gli affetti del mio cuore, a questo offrivo tutta me stessa, tutta a lui mi consacravo in vita e in morte.

In questo tempo non parlavo di altro che di Dio, non altro cercavo che il mio Gesù, altro non gradivo che il mio confessore, con lui mi trattenevo con piacere a parlare delle cose appartenenti alla povera anima mia. Fui assistita da questo ministro del Signore con somma carità e premura, mi visitava per ben quattro volte al giorno, e pregava i miei parenti che tutte le volte che l’avessi richiesto, sebbene l’ora fosse incompatta, l’avessero mandato a chiamare liberamente, mentre teneva per bene impiegato qualunque incomodo, per avere il piacere di assistermi.

 

Ogni giorno si faceva più grave il mio male; spedita dai medici, fui munita del sacro viatico, che ricevetti con sommo amore, sperando per mezzo di Gesù sacramentato il perdono dei miei peccati, domandavo al mio confessore se credeva che mi potessi salvare. Andavo spesso ripetendo: «Padre, mi salverò?». Questo mi rispondeva che nei meriti di Gesù Cristo teneva per certa la mia eterna salute. La tranquillità di spirito, i buoni desideri che mi venivano somministrati dalla grazia di Dio, l’essere affatto libera da tentazioni, credevo un segno certo della mia predestinazione.

Come a Dio piacque, incominciò a cedere il male, ma la gravezza di questo mi portò cinque mesi di convalescenza. Al ventuno di aprile del 1802 fui assalita da questa infermità, nel mese di agosto incominciai ad uscire di casa, sebbene non ero ancora ristabilita; ma in questo tempo il mio confessore mi visitava di frequente, e mi faceva considerare che la vita miracolosa che il Signore mi aveva restituito, non doveva essere più mia, ma tutta sua, ad altro non avessi pensato che piacere a lui.

 




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

IntraText® (V89) Copyright 1996-2007 EuloTech SRL