Il dì 31 luglio 1815 nella santa
Comunione, così racconta la povera Giovanna Felice di sé: il mio spirito fu
sollevato da particolare orazione, dove per mezzo del santo patriarca Ignazio
mi fu dimostrato il particolare amore che Dio porta alla povera anima mia; a
questa intelligenza lo spirito si infiammò di santo amore, e l’amore e la
gratitudine mi necessitarono di fare offerte vivissime verso Dio, desiderando e
protestando di patir volentieri mille inferni per avere il piacere di poterlo
amare. Nel tempo in cui mi trattenevo in questi santi desideri, mi fu
manifestato quanto mi manca ancora a perfezionarmi. Questo fu il sentimento che
ebbi nel mio cuore, che mi resta ancora da vincere la carne e il sangue. Allora
conobbi la cruda guerra che mi fa il maledetto amor proprio, unitamente alla
mia misera natura, che non soffre senza pena gli impulsi della grazia, e che si
oppone all’esecuzione delle buone ispirazioni.
A questa cognizione, così particolare, la povera anima mia inorridì, nel
vedersi tanto miserabile, dopo tante grazie e tanti favori compartitimi
dall’infinita bontà di Dio; ma il gran patriarca sant’Ignazio mi fece coraggio
a sperare quanto mi fa bisogno per arrivare ad un alto grado di perfezione.
Così prese a dire il Santo: «Non paventare, o anima redenta da Gesù Cristo,
sarai vittoriosa di te stessa e dei tuoi nemici. Ascenderai ad un grado molto
eminente di perfezione».
A queste sue parole la povera anima mia fu sopraffatta da fiducia
vivissima, che dolcemente mi fece riposare in Dio, unica mia speranza. In
questo riposo l’anima andava inoltrandosi nella celeste cognizione
dell’infinito essere di Dio; in questa infinita vastità il povero mio
intelletto si perdeva affatto nella cognizione di cose così perfette. Oh, come
ardentemente amavo il mio Dio! lo amavo con tutte le forze, con tutta
l’ampiezza del mio cuore. Di quale amore mi degnò il mio Dio non è spiegabile.
Mi unì a lui intimamente, mi fece sperimentare i mirabili effetti della sua
carità; si accese medesimamente all’amor di Dio una carità molto grande verso
il mio prossimo, desiderando ardentemente di beneficarli, pregai umilmente per
tutti.
«Molto giovevole sarà per loro la tua preghiera», mi disse il pietoso Dio,
«tutti sperimenteranno l’efficacia di essa, più o meno, però, secondo il mio
divino beneplacito, e la loro particolare disposizione».
A grazia così distinta la povera anima mia si umiliò profondamente, e piena
di meraviglia, così esclamò verso il suo Signore: «Mio amorosissimo Dio, come
mai vi degnate di accordare tanto ad una creatura tanto indegna come sono io?
Vi siete dimenticato forse dell’enorme mio tradimento, mio pietosissimo Dio?
Abbiate riguardo al vostro onore e alla vostra gloria, non abbassate tanto la
vostra santità fino al profondo della mia malizia! Mio Dio, molto più mi è caro
l’onore e la gloria vostra che il proprio mio vantaggio».
A questa mia protesta verace, così soggiunse l’eterno Dio: «Figlia secondo
il mio cuore, sappi che non solo la tua preghiera sarà efficace ai tuoi
prossimi, ma i tuoi buoni desideri saranno molto giovevoli per loro. Figlia
diletta mia, cosa potrà negarti l’infinito amor mio?».
A queste amorose espressioni l’anima si umiliò profondamente, e stupefatta
in se stessa, per il grande amore che Dio le dimostra, fui sopraffatta da
dolcissimo profluvio di lacrime.
|