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Beata Elisabetta Canori Mora
Diario

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE SECONDA – LE NOZZE MISTICHE (Dal 1813 al 1819)
    • 27 – NEL NUMERO DELLE SANTE VERGINI
      • 6. Salva dalla strada una zitella
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6. Salva dalla strada una zitella

 

Il giorno 14 dunque, dopo il pranzo, dopo aver scritto il suddetto fatto, mi portai con le figlie alla chiesa, per assistere ad un triduo ad onore di Maria SS. Addolorata. Prima di sortire dalla mia casa, ebbi una forte ispirazione di fare qualche elemosina ad una povera zitella civile, che per la strada chiedeva l’elemosina, e che in altra occasione, per ispirazione di Dio, gli ho somministrato.

A questa ispirazione il mio cuore ingrato chiuse le orecchie alla buona ispirazione; mi portai alla chiesa, mi si presentò per la strada la povera zitella, e la sua lamentevole voce mi fece compassione più del solito. In quel momento ebbi nuovo impulso di ritornare alla mia casa, per somministrarle qualche carità, ma restai perplessa, per essere l’ora tarda, dubitavo di non trovarmi in tempo al suddetto triduo; ma quando fui arrivata alla chiesa, appena inginocchiata, il povero cuor mio dalla grave pena non poteva respirare. In mezzo alla gran pena rifletto giustamente e trovo di aver mancato alla carità.

Oh, qual dolore acerbo mi cagionò nel cuore la mia crudeltà! Una pioggia dirotta di lacrime amarissime rimproveravano la mia crudeltà, e piena di terrore mi pareva di ascoltare i giusti rimproveri dalla divina bontà. Oh, cosa non soffrii di pena e di dolore! Chiedevo umile perdono alla di lui bontà, con fervide preghiere pregai il Signore, perché avesse provveduto alla povera zitella, ovvero me l’avesse fatta ritrovare. Terminata la funzione trovo la suddetta, tutta afflitta, la conduco alla mia casa e le somministro un poco di carità. Allora, piangendo mi disse che era nell’ultima disperazione. Presi a consolarla e mi confessò che era tentata di buttarsi a fiume. Mi disse che il suo padre era curiale e che per mantenersi fedele e costante per due anni continui, per non giurare, era andato ramingo per il mondo, e che era stato colpito da un colpo di apoplessia, ed era tanta la loro miseria che, per non avere neppure il letto, dovevano dormire sulla nuda terra, e l’infelice padre giaceva sopra un piccolo pagliaccio, che le fu somministrato per carità.

A racconto così lacrimevole procurai di sovvenire alla meglio sia lei che l’infelice padre infermo, languente per la fame. Subito feci fare un memoriale molto bene circostanziato, perché i superiori sapessero l’infelice stato della suddetta famiglia. Dopo essermi bene informata della verità da persone che li conoscono. Per mezzo d’interna illustrazione, Dio mi fece conoscere quale fu il fine per cui mi diede tanta premura di sovvenire la suddetta zitella: fu per liberarla dal grave pericolo a cui la misera era esposta in quella strada solitaria, e quel giorno medesimo avrebbe pericolato la sua onestà. Le povere mie preghiere allontanarono da lei il brutto mostro di iniquità, che la voleva sedurre.

A simile notizia dissi alla suddetta che io le avrei somministrato il vitto quotidiano per lei e per suo padre, ma che non si fosse più fermata per la strada a questuare, fintanto che i superiori avessero provveduto alle loro gravissime indigenze. E tutto questo si fece da me con l’approvazione del mio padre spirituale.

 




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