Riporto un fatto che non ricordavo, ma
nello sfogliare il giornale l’ho trovato scritto; seguitomi il dì 3 settembre
1815. Nella santa Comunione, così la povera Giovanna Felice, tutto ad un tratto
fu il mio intelletto occupato dall’immensità di Dio, come un vasto oceano lo
immaginavo. Al momento fui dalle purissime sue acque immersa intimamente, fino
a profondarmi nel vastissimo seno della sua immensità.
Mio Dio, dove m’inoltro! cosa mai potrò ridire della vostra immensità se
dopo aver detto quanto mai dir si possa da qualunque umana intelligenza, non
può ridirsi che un’ombra di quello che è in realtà. Mi servirò delle parole del
santo apostolo Paolo, e dirò con lui che vidi cose così grandi che né occhio
mai vide, né orecchio udì, né cuore provò godimento simile. Ma per non mancare
all’obbedienza, proseguo rozzamente a manifestare quello che non potei neppure
comprendere con la mia bassa mente.
Fui dunque immersa in questo vastissimo oceano, dove mi si rappresentava l’immensità
di Dio, dove le potenze dell’anima mia restarono perdute affatto; in questa
incomprensibile vastità fui inoltrata fino all’amplissimo suo seno, dove trovai
immense ricchezze, perle preziose, pietre di immenso valore. Mi servo di questi
oggetti, che noi chiamiamo preziosi, per potermi spiegare, ma molto diverso era
quanto vidi, quanto udii, quanto gustai. Sovrana voce così mi parlò, non con
parole, ma per parte d’interna cognizione mi fece intendere che avessi preso le
preziose gemme, e avessi adornato la povera anima mia. In queste preziose gioie
venivano significati i meriti di Gesù Cristo. A questo espresso comando, la
povera anima mia prese le preziose gioie e si adornò di queste da capo a piedi.
Non è possibile spiegare la bellezza, la vaghezza di quest’anima, così
riccamente adornata. Basti dire che l’eterno Dio la degnò dei suoi sguardi, nel
mirarla in lei si compiacque altamente, per vederla adorna dei preziosi meriti
del diletto suo Figlio, mandò rapidamente il suo splendore ad investirla.
Eccomi dunque tutta penetrata dal bel sole di giustizia. Il suo splendore
rifletteva in quelle preziosissime, bellissime pietre preziose che mi
adornavano, e lo splendore mi faceva divenire una stessa cosa con lui.
Stimatissimo padre, più di quanto ho manifestato, non so, non posso ridire,
mi si rende impossibile.
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