Il dì 11 settembre 1815, nella santa
Comunione, Dio sollevò il mio spirito e lo degnò di particolar unione, e gli
compartì grazie molto particolari, per fino a farmi oggetto delle sue
compiacenze. Mi mostrò ai grandi della sua corte: «Questa», diceva, «è la mia
figlia diletta, in cui ho posto le mie compiacenze».
A queste parole l’anima mia si annientava, e riconosceva la sua propria
miseria; lodava, benediceva, ardentemente amava il suo Signore; e, piena di
meraviglia, confessava la sua propria viltà. Nel tempo che la povera anima mia
se ne stava tutta umiliata in se stessa, Dio l’abbracciò strettamente. Dopo
aver goduto i casti abbracciamenti del sovrano suo re, restò per mezzo del puro
e santo suo amore, medesimata con lui; restò lo spirito tutto assorto in Dio,
in una maniera tanto particolare, che tutto il resto della giornata fui
alienata dai sensi. Quel poco che agii sensibilmente si fece da me per abito,
senza capire cosa alcuna; il mio corpo, per la mancanza dello spirito, si era
gelato come un morto, incapace di ogni sensazione, per ben tre volte tornò
affatto a sopirsi lo spirito, per essere intimamente toccato da Dio, e favorito
con nuove grazie.
Tornò l’eterno Dio a dimostrarmi l’infinito suo amore, per mezzo di
dolcissime espressioni e di certi castissimi abbracciamenti, che non ho termini
di spiegare; il mio spirito, per mezzo di questi, restava purificato e
assottigliato, fui circondata da chiara luce, da questa luce fui tutta
penetrata, unita, medesimata. Unita a questa luce godevo un bene infinito,
inarrabile; nel profondo silenzio e nella dolcissima quiete godevo una
perfettissima pace; in questa ascoltai con mio sommo stupore armoniche voci dei
sovrani spiriti, che pieni di stupore cantavano alternativamente la seguente
antifona e salmo, con somma loro ammirazione: Elegit eam Deus et praelegit eam, Deus in medio eius, il salmo Fundamenta eius in montibus sanctis, con
quel che segue, fino al Gloria.
L’anima mia si unì alle lodi che davano a
Dio questi beati spiriti, e, sopraffatta dal santo e puro amore, nuovamente tornò
a perdersi tutta in Dio, sommo suo amore. Il mio corpo restò affatto alienato
dai sensi per la grandissima attrazione che godeva lo spirito in Dio; la
dolcezza, la soavità particolare che godeva lo spirito si diffondeva anche nel
corpo, sicché le ossa, le midolla delle ossa, parteciparono di questa
esuberante dolcezza, in maniera che il corpo perdette l’uso dei sensi, e tutto
immerso se ne stava in quel bene che lo spirito comunicava loro.
L’anima si rese incapace della minima alterazione, in tutta la giornata e
buona parte della notte ha proseguito a stare nella suddetta situazione; si
andava molto spesso accendendo un interno fuoco, che mi pareva di restare
incendiata, e allora viepiù lo spirito restava sopito in Dio; mi pareva di respirare
fuoco, di essere circondata da fuoco, mi pareva veramente di stare in una
fornace ardente.
In mezzo a questo sacro fuoco lo spirito tornava di bel nuovo a sopirsi in
Dio, si accendeva viepiù nel mio cuore il sacro fuoco e formava un incendio che
mi faceva tutta bruciare, e mi privava delle forze naturali. In mezzo a questo
sacro fuoco il mio spirito si sollevava a Dio, per mezzo della fede, della
speranza, della carità, sicché Dio si compiaceva nell’anima, e l’anima si
compiaceva nell’eterno suo Dio, in lui si deliziava, lo amava ardentemente con
esuberanza di affetto, amava Dio, unico suo bene; con tanta carità l’amava, che
tornava rapidamente a slanciarsi nelle sue amorosissime braccia.
Dio con sommo amore nuovamente la ricevette tra le sue santissime braccia,
e le fece gustare la dolcezza della sua infinita carità; quando Dio
benignamente riceveva l’anima, tornava a spandersi nel mio cuore il santo
fuoco, e di nuovo tornavo tutta a bruciare, e per conseguenza restavo alienata
dai sensi.
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