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Beata Elisabetta Canori Mora
Diario

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE SECONDA – LE NOZZE MISTICHE (Dal 1813 al 1819)
    • 30 – TRADIMENTO CONTRO LA CHIESA CATTOLICA
      • 6. Offerta riparatrice
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6. Offerta riparatrice

 

Il 21 ottobre 1815, nella santa Comunione ebbi notizia dell’enorme attentato che si macchina dai persecutori della cattolica religione; pensano questi di spiantarla propriamente dalle sue radici. Pensano questi miseri di erigere templi alle false divinità nel grembo della cattolica Chiesa, nella residenza del romano Pontefice, del Vicario di Cristo! Pensare di erigere templi alle false divinità! Oh empietà, oh ardire esecrando! Piaccia a Dio che questo non accada, raccomandiamoci caldamente al Signore, perché vadano a vuoto i loro rei disegni. Guai a noi, poveri cattolici, se possono mettere in esecuzione quanto macchinano contro di noi!

«Tutti quelli che entreranno in queste assemblee, tutti moriranno!», mi diceva il mio Signore. A questa parola l’anima mia si spaventò molto: «Mi intendi di qual morte intendo parlare?», soggiunse il Signore, «intendo parlare di quella morte che toglie la fede alle anime».

A queste parole il mio spirito si riempì di somma mestizia, per avere avuto in quel momento un embrione del gran numero di queste infelici anime, che disgraziatamente moriranno.

 

Il 25 ottobre1815 nella santa Comunione, così la povera Giovanna Felice: dopo aver goduto un bene molto particolare, l’anima mia fu sopraffatta da profonda mestizia. Era questa cagionata nell’anima mia da particolare intelligenza, dove conoscevo la malizia di molti viventi, e di qualcuno in particolare. Si affliggeva altamente il mio cuore per vedere tutte queste anime ree di ribellione contro il loro Dio.

Oh, qual pena ne soffriva la povera anima mia! Piena di mestizia e ardentemente desideravo di compensare queste gravissime offese, e nel suo cuore diceva al suo Dio: «Mio pietosissimo Signore, quante offese, quanti oltraggi vi fanno mai queste misere anime ree! Io, Gesù mio, desidero compensarvi queste gravissime ingiurie, a costo di ogni qualunque mia pena. Offro tutta me stessa».

Mi pareva di avvicinarmi all’umanità santissima di Gesù Cristo, e mi ponevo prostrata ai suoi santissimi piedi, umile e mansueta, tutta annientata, gli offrivo l’anima mia mille volte ogni momento, e tutte quelle anime che sono a me unite in spirito, com’è noto a vostra paternità. Questo offrivo in compenso di tanti oltraggi; ma tutta questa operazione si faceva dall’anima mia in profondo silenzio, senza la minima parola, servendosi l’anima di quella maniera stessa, che si serve Dio di parlare all’anima mia.

Una occhiata, un cenno, una parola è molto più significante di ogni qualunque eloquente erudito discorso. Così mi parla l’amato mio Signore, senza parole, ma per parte di chiara intelligenza mi manifesta il suo amore, e mi fa conoscere quanto vuole e desidera. Alle volte trovo qualche difficoltà nel manifestare quanto passa nel mio spirito, perché non so spiegare certe cose che mi vengono da Dio significate; hanno queste in se stesse un significato molto disteso, molto più vasto di quello che sono le parole di cui mi servo.

 




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