32 – I «PECCATI» DEI SANTI
Il giorno 6 novembre 1815 nella santa
Comunione era il mio spirito in sommo raccoglimento, quando mi si presentò
l’anima del mio padre naturale defunto, che ormai sono nove anni che piamente
morì qual visse.
Vedevo la sua anima bella tutta ammantata di luce, con me si rallegrò per
l’alto favore compartitomi dall’eterno Dio. La povera anima mia si umili,
profondamente, e mostrando a lui la mia sconoscenza verso l’infinito amore di
Dio, con abbondanti lacrime deploravo le mie colpe.
Il mio padre, a questa mia confessione, non si rattristò, ma mi pregò di
raccomandare caldamente all’eterno Dio tutti i suoi e miei parenti defunti.
La povera anima mia prontamente obbedì, porgendo all’Altissimo, con tutto
il fervore, le mie povere suppliche, per suffragare le suddette anime.
Offrii nel sacrificio della santa Messa gli infiniti meriti di Gesù Cristo.
La mia povera preghiera, avvalorata dai meriti del buon Gesù, fu molto
efficace. Tutte ad un tratto furono liberate da quel tenebroso carcere: erano
queste nel numero 15.
All’Introito della Messa la
povera anima mia fece la preghiera; al Sanctus
si ottenne la grazia; all’Elevazione
furono liberate.
L’anima del mio padre con il suo Angelo custode al Sanctus recò loro la felice nova; all’Elevazione i rispettivi Angeli custodi delle suddette anime scesero
con somma allegria in quel carcere, e trattele fuori da quell’oscuro luogo, al
momento apparvero ammantate di splendidissima luce, si sollevarono al Cielo,
dopo aver profondamente adorato il divin sacramento esposto, fatto un profondo
inchino davanti all’altare, ringraziarono la povera anima mia, con esto di
gratitudine, se ne andarono felicemente agli eterni riposi.
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