Il dì 8 dicembre 1815, nell’orazione
subito levata, dopo essermi trattenuta due ore circa in profonda umiliazione,
per conoscermi meritevole di mille inferni, per la mia scelleratezza, per la
mia iniquità, piena di affannose lacrime deploravo le mie colpe, e, rivolta ai
meriti di Gesù e di Maria, chiedevo perdono dei miei falli.
Ero tanto profondata nel mio nulla, che non mi ritrovavo; quando ad un
tratto fui sopraffatta da perfetta quiete; dalla quiete lo spirito passò ad un
riposo dolcissimo. In questo tempo mi parve di essere trasportata nel coro dei
Padri Trinitari; trovai quei buoni religiosi in orazione, stava il mio spirito
in qualche timore, perché non mi pareva conveniente trattenermi qui, ma fui dal
mio Angelo custode obbligata a rimanere, per vedere quanto era per seguire.
Obbedì umilmente il mio spirito, in un angolo del coro dei religiosi
trinitari si trattenne il mio spirito, quando improvvisamente vedo aprire una
finestra del coro, volgo lo sguardo e vedo come aprirsi il cielo, e dalla
sommità di esso vedo scendere molti Padri Trinitari, che per mezzo della
suddetta finestra si introducevano nel loro coro. Vennero questi ad occupare i
loro posti, oggi già vuoti; occupati che furono da questi i posti, vedo
dall’alto dei cieli scendere altri Padri Trinitari, e con loro i santi
patriarchi che, pieni di gaudio, conducevano la divina madre, Maria santissima,
corteggiata da immenso stuolo di Angeli.
L’eccelsa regina si fece vedere in mezzo al coro, piena di amore e di
affetto verso i tre religiosi viventi; non sto qui a dire quale onore, quale
omaggio le rendessero tutti quei santi religiosi, che erano scesi dal cielo, né
il cortese ricevimento che le fecero i santi fondatori, compiacendosi di
renderla padrona del loro santo Istituto. Le tributarono onore e gloria, qual
celeste loro sovrana, tutti dunque le facevano applauso.
I santi patriarchi si degnarono di presentare i tre religiosi viventi a
questa sovrana signora; e lei, tutta amore, tutta carità verso i tre suddetti
religiosi, li chiamò a sé; e, fattili a sé avvicinare, prese nelle mani un
bellissimo vaso, lo accostò con somma modestia al suo petto verginale, ne
trasse il prezioso suo latte; distesa poi la sua mano destra; ne dette a
gustare ai tre religiosi suddetti, che, prostrati ai suoi piedi, se ne stavano
tutti contenti. Nel somministrare loro la preziosa bevanda, diceva la divina
Madre: «Prendete, miei cari figli, questa vi libererà dalla venefica infezione».
Il mio spirito, nel vedere che quei buoni religiosi erano stati favoriti
dalla divina Madre con tanta cortesia, anche io, animata da filiale speranza,
desideravo ricevere grazia dall’eccelsa regina; a questo oggetto mi
raccomandavo caldamente ai santi patriarchi, ma questi mi fecero intendere che
quello non era né tempo né luogo.
A questa notizia il mio spirito si umiliò profondamente; in questo tempo mi
parve di vedere che quei religiosi, che erano scesi dal cielo, si mettessero in
ordine di processione, e con torce accese nelle loro mani, condussero l’eccelsa
regina nella loro chiesa.
Allora i santi patriarchi mi dissero che questo era il tempo che potevo
dalla divina Madre ottenere quanto bramavo. I santi gloriosi si degnarono di
presentare al suo trono le mie suppliche, stava la divina Madre all’altare
maggiore, scortata da moltitudine di Angeli, assisa se ne stava in ricco
seggio, circondata da splendidissima luce.
La povera anima mia, annientata nel suo nulla, trema qual foglia, che da
impetuoso vento viene dibattuta; non osavo accostarmi, benché la divina Madre
amorevolmente mi guardasse, e i santi patriarchi mi facessero coraggio;
piangevo dirottamente, ricordandomi la mia infedeltà: «E come», dissi, «io
potrò accostarmi alla divina Vergine, se mi trovo colpevole? Ah Madre
santissima», esclamai, «lasciatemi partire! Troppo disonore faccio al vostro
puro cuore!».
Piangendo dirottamente ero sul punto di partire, ma la pietosa Madre non mi
permise di partire: «Figlia», mi disse, «non paventare; quello che perdesti per
colpa, riacquistasti per grazia; vieni a me liberamente».
Alle parole amorose ed insieme autorevoli di questa Vergine e Madre, la
povera anima mia fu sopraffatta da viva speranza; invece di partire, mi
prostrai ai suoi santissimi piedi, ma in lontano, senza avvicinarmi.
La divina Madre, vedendo il mio timore, ordinò ai santi patriarchi che a
lei mi conducessero. La povera anima mia non si oppose; ma, avvalorata da viva
fiducia, mi presentai a lei umilmente e rispettosamente. Sentivo tanto amore
verso di lei, che mi cagionava nello spirito un gaudio, una letizia che mi
faceva esultare, porgevo dunque a lei i miei più cordiali ringraziamenti, e fra
le altre espressioni che le faceva il mio povero cuore, una era questa:
«Madre», le diceva, «Madre pietosa, Madre amorosa; tutti i giorni miei, cara Madre,
a voi li devo».
A questa espressione l’anima mia aveva cognizione particolare di tutte le
grazie che questa divina Madre mi ha compartite in tutto il tempo della mia
vita passata; l’anima mia a questa cognizione si accendeva di santo amore verso
di lei, e dall’amore e dal gaudio non potevo più contenere me stessa: disciolta
e liquefatta la povera anima si era alla sua presenza.
La divina Madre si compiacque di vedermi così amante di lei: «Figlia», mi
disse, «prendi questo mio latte, questo ti renderà forte nei travagli, costante
nei pericoli, sicura nella morte».
Lei stessa, con le sue santissime mani, per mezzo di ricchissimo vaso, mi
fece gustare una dolcezza di paradiso. Dopo aver goduto un bene inarrabile,
desiderai di far comune a tutti grazia così particolare, particolarmente quelle
persone che mi usano della carità. La supplicai, dunque, di concedermi la
grazia; la divina Madre, tutta amore, a me rivolta, mi disse: «Prendi nelle tue
mani il vaso, ma avverti che nessun cuore immondo a questo si appressi».
«Ah, Madre», io le dissi, piena di santo timore, «ritenete pure il vaso
nelle vostre santissime mani, perché io non ho tanta cognizione di conoscere
quali siano i cuori immondi di cui mi parlate. Ritenete, dunque, nelle vostre
santissime mani il vaso, che io vi pregherò perché vi degniate di farne gustare
a quelle anime che le professo tante obbligazioni».
Pregai dunque per diverse persone, che credo bene di non nominare, e anche
queste ebbero la bella sorte di gustare il prezioso suo latte; ma non a tutti
quelli che raccomandai potei ottenere la suddetta grazia.
La divina Madre non acconsentì che tutti gustassero di quel prezioso
liquore, ma ciò nonostante si degnò di benedirli tutti, compartendo loro una
particolare ispirazione, secondo il loro bisogno, per ravvedersi dei loro
errori; poi si degnò di alzare la sua mano destra per benedire tutti, e
disparve, lasciando nel mio cuore un paradiso di contento, che mi tenne tutto
il resto della giornata, e buona parte della notte, assorta in Dio.
|