Il dì 29 dicembre 1815 nella santa
Comunione, tornai nuovamente a vedermi per la suddetta strada, che mi
affaticavo, con la grazia di Dio, a camminare, quando ad un tratto da forza
superiore fui trasportata sopra di un bellissimo monte: quanto conteneva di
bene questo misterioso monte non si può descrivere. Basti dire che in questo mi
veniva significato il paterno seno di Dio. Trasportata che fui in questo
benedetto monte, per via di attrazione il mio spirito fu internato nel monte;
mi pareva che il monte aprisse il suo seno e dolcemente e soavemente mi
ricevesse in sé, e così restò intimamente trasformata la povera anima mia in
Dio; si andava ogni momento più inoltrandosi nell’infinita immensità di Dio.
E chi mai potrà ridire i mirabili effetti che sperimentò il povero mio
cuore? Non è possibile veramente poterlo manifestare. Fu intimamente chiamata
l’anima da Dio, e con somma occultezza ammaestrata, per mezzo di cognizioni
molto particolari, riguardanti Dio medesimo.
Per mezzo di queste cognizioni l’anima si sollevò ad un amore sublime,
incomprensibile, non so dir di più. So bene però che perdetti ogni uso di
ragione e di sensazione. Dopo ben tre ore, seguitomi il suddetto fatto, potei,
con la grazia di Dio, portarmi alla mia casa, dove tornò a sopirsi lo spirito,
e così tornai a perdere l’uso dei sensi; sicché dalle ore 17 fino alle ore 20
proseguì il mio spirito a stare sopito in Dio, dalle ore 20 alle ore 22 tornò
lo spirito nell’uso dei sensi, dalle ore 22 fino alle ore 6 della notte tornò
Dio a rapire lo spirito, perdetti ogni idea sensibile, tornai a perdere l’uso
dei sensi, in questo tempo Dio mi fece godere un paradiso di contenti; la pace,
il gaudio, la dolcezza, la soavità, l’amore rendevano sopraffatto il mio cuore,
e il perfetto amore tutta tutta mi trasformava in Dio mio Signore, così che mi
pareva di vivere della medesima sua vita. Per partecipazione godei un bene
tanto grande e straordinario, che non so manifestare, mi diede Dio a godere un
saggio di quel bene che si degnerà donarmi alla fine della mia vita. Questo fu
il sentimento che ebbe il mio spirito. A questa cognizione l’anima si umiliò
profondamente, e, confessando il suo nulla, rendeva grazie al suo liberalissimo
benefattore, compiacendosi negli eccessi dell’infinita sua misericordia, godeva
il mio spirito in Dio un gaudio così particolare, che non so descrivere. Mi
trattenni, come già dissi di sopra, dalle ore 22 fino alle ore sei della notte,
quattro ore circa mi riposai, ma questo riposo fu più soprannaturale che
naturale; mentre nel coricarmi mi parve che lo spirito più speditamente se ne
andasse a Dio.
Dopo quattro ore di riposo mi misi in orazione, e stetti tre ore in
orazioni in ginocchioni immobile, senza il minimo appoggio, senza provare la minima
pena, proseguendo lo spirito a stare tutto assorto in Dio. Molto grande fu il
lume di propria cognizione che Dio si degnò compartirmi, da quali bassi
sentimenti fui sopraffatta, oh come si profondava nel suo nulla! confessandosi
per la più indegna peccatrice che abbia mai abitato la terra.
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