Il dì 3 febbraio 1816, così Giovanna
Felice nella santa Comunione: mi apparve la divina Madre con il suo santissimo
Figliolo in braccio, tutta premura cercava di nasconderlo nel mio cuore; ma la
povera anima mia restò altamente ammirata, e piena di confusione mi rivolsi a
lei versando dagli occhi abbondanti lacrime: «Ah, Madre mia», le dissi, «che
più non mi conoscete? Dove volete nascondere il vostro divin Figliolo? Io sono
quella ingratissima peccatrice che l’ho tanto gravemente offeso! Cara Madre,
nascondetelo nel cuore di quelle anime che lo amano davvero, e non vedete che
io non altro faccio che offenderlo e disgustarlo?».
E intanto, conoscendo viepiù il mio demerito, si umiliava ogni momento più
il povero mio cuore; intanto con gli occhi pieni di lacrime, miro Gesù, miro
Maria, e vedo il divin fanciulletto tutto ferito, che grondava vivo sangue.
Raccapricciai a tal vista, la divina Madre, piangendo con flebil voce, mi
disse: «Figlia, vedi come è ferito. Nascondilo nel tuo cuore».
A vista così compassionevole deposi il timore, e aperto e spalancato tra
lacrime e vivi affetti di amore e di vera compassione: «Sì, Madre mia»,
soggiunsi, «ecco aperto e spalancato il cuore. Conducetelo pure, e fate di me
quel che vi piace».
Ciò detto, la divina Madre collocò il ferito fanciulletto nel mio cuore, e
preso nelle mani un ricco vaso di prezioso balsamo ripieno, la divina Madre
andava con somma attenzione astergendo le ferite del divin Fanciullo. Con
questa mirabile astersione si andavano risanando le ferite, io ero tutta
intenta a guardare, piena di meraviglia e di stupore, senza però la giusta
cognizione di quanto vedevo; ma la divina Madre si degnò significarmi che il
suo pianto significava lo sdegno del divin Padre contro quelli che avevano così
ferito il suo santissimo Figliolo. E lei come Madre di misericordia, che si
compiace di esser Madre dei peccatori, deplorava la perdita di tante anime.
Quel balsamo prezioso con cui astergeva le ferite dell’amato suo Figlio, erano
le opere virtuose di tante anime buone a lei care.
A questa dichiarazione la povera anima mia fu penetrata da vivo sentimento
di devozione e di amore, tutta tutta mi offrii alla maggior gloria di Dio, ma
altamente restavo meravigliata come questa divina Madre si fosse degnata
compartirmi grazia sì grande, senza alcun merito, ma solo piena di miserie e
peccati, mentre vi sono tante anime di santa vita che potevano in quel caso
rendere onore e gloria al Sommo Dio.
Avrei ben volentieri rinunziato a quel favore, perché restasse in altre
anime glorificato il mio Signore, ma la divina Madre si degnò rendermi la
ragione. Mi fece intendere che queste sono grazie gratuite, che Dio le comparte
a chi più gli piace, e che due erano i motivi che si degnava favorire la povera
anima: per la retta intenzione che ha di piacere in tutto solamente al suo
Signore, e per il basso sentimento che ha sempre di sé, umiliandosi
continuamente e profondamente dinanzi al suo Dio.
A questa notizia restai ammirata dell’infinita bontà del mio Signore, e,
pieno di santo affetto, il povero mio cuore tutto bruciava di carità.
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