Il dì 4 febbraio 1816, nella santa
Comunione, mi parve di vedere la divina Madre mi facesse nuove premure, perché avessi
custodito nel mio cuore il suo divin Figliolo, per così nasconderlo dal furore
degli empi, e agli sguardi dello sdegnato suo Padre, la di cui giustizia è
inesorabile contro di noi, miseri peccatori; se non fosse tanto propensa questa
divina Madre verso di noi, guai a noi, guai a noi!
Le lacrime da lei versate, come già dissi, erano versate per la pena di
vedere tante anime miseramente perdute. «Va’», mi diceva tutta premura la
divina Madre, «va’, impedisci alla divina giustizia il punirle. Offri il
prezioso Sangue del Figlio, offri la mia materna esistenza, offri i miei
dolori, offri i miei disagi, offri il mio amore. Sono salve quelle anime che io
proteggo».
Alle parole di questa vergine Madre, la povera anima mia si ricoprì tutta
di confusione e di timore; ciò nonostante obbedì il mio spirito, e annientato
in se stesso, profondato nel sentimento più umile del basso concetto di se
stesso, pieno di rispetto, assistito dalla particolar grazia di Dio, m’inoltro,
e penetro l’immensità di Dio; ma quando fui in un certo punto, mi fu impedito
il potermi inoltrare, e così non mi fu permesso sapere se Dio si era degnato di
esaudire le preghiere, le premure che aveva la divina Madre delle suddette
anime.
Dal dì 4 febbraio 1816 fino al 7 del suddetto mese, il mio spirito ha
goduto un particolare raccoglimento, unitamente ad un basso sentimento di me
stessa. Ho consumato questi giorni in piangere i miei peccati e nel chiedere
perdono al Signore.
|