Dal giorno 10 febbraio 1816 fino al giorno
13 del suddetto mese, il mio spirito ha sofferto una gravissima persecuzione
diabolica, mossami dal nemico tentatore, per il metodo intrapreso fino dalla
vigilia del santo Natale.
Ho intrapreso il metodo di mangiare ogni ventiquattro ore, usando dei soli
cibi di magro e di latticini; per grazia di Dio sono tre anni che mi astengo
dai cibi di grasso. Molto ho sofferto per astenermi da questi cibi, per essere molto
conformi alla debole mia complessione; ma con la grazia di Dio, e con molta
violenza, tanto ho superato, senza pregiudizio della salute, perché in questi
tre anni sono stata sempre bene; ma quello che più mi molesta è che il metodo
intrapreso di digiuno non solo mi viene contrariato dalla debole mia
complessione, ma dal demonio, che non mi lascia un momento in pace, come dirò
in appresso negli altri fogli.
Proseguo a manifestare la grave molestia che mi reca il maligno tentatore; non
mi lascia neppure un momento in pace, mi gira continuamente attorno,
presentandomi delle buone vivande, particolarmente quando sono in orazione,
allora inventa tutte le malizie per frastornarmi. Mi comparisce sotto la forma
di bel giovanetto, e compassionando il mio stato, mi offre delle buone vivande,
me le presenta perché io ne gusti, persuadendomi a lasciare il metodo
intrapreso.
Quanta pena soffre il mio povero spirito, perché dubita di dare ascolto
alla suggestione del nemico tentatore! Piango, mi affliggo, mi raccomando
caldamente al Signore, perché mi dia grazia di vincere e di superare, perché mi
pare ogni momento di restare vinta; mi pare di non aver forza di superare la
tentazione. Sono poi molestata da fame canina, che mi divora, e da sete
ardente, che mi consuma; e intanto il maligno tentatore non fa altro che
girarmi intorno, con delle buone vivande e con del buon vino, invitandomi a
mangiare e a bere, allettandomi con forti persuasive di dare qualche conforto
al mio patire, cerca ad ogni suo costo di darmi a credere che non c’è cosa più
felice che il mangiare dei cibi squisiti e di bere del buon vino.
Al forte urto di questa tentazione, il povero mio spirito si trova in uno
stato molto penoso e afflittivo; ma questa afflizione non toglie la pace al mio
cuore, ma con santa rassegnazione soffre la molestia del nemico insidiatore,
confidando nei meriti di Gesù e di Maria, i quali invoco con lacrime e sospiri,
perché si degnino aiutarmi in questo penoso conflitto. Molto di frequente mi
protesto che sono pronta a morire mille volte, piuttosto che dispiacere al mio
Dio con la minima imperfezione volontaria; ma nonostante dubito di essere vinta
dall’astuto insidiatore. Non lascia Dio di confortarmi in questa gravissima
pena, facendomi sperimentare gli effetti mirabili della sua grazia.
Dal giorno 16 febbraio 1816 fino al dì 7 marzo, il mio spirito se l’è
passata ora combattendo col nemico, ora con la mia misera umanità, che ancora
non posso vincere né superare, ma con grave pena il povero spirito deve
soggiacere alla debolezza umana. Mio Dio! quando mai sarà che potrà lo spirito
signoreggiare sopra se stesso, conculcando con sommo disprezzo la propria
carne, le proprie inclinazioni? Caro Gesù mio, per i vostri meriti infiniti,
fatemi possibile per grazia quello che per natura mi si rende impossibile.
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