Dal giorno 8 fino al giorno 17 marzo 1816
il mio spirito se l’è passato in sommo raccoglimento. Tre volte in questi
giorni si è degnato Dio favorirmi in modo speciale, ma non so spiegare in
nessun modo la maniera con cui Dio si degna comunicarsi alla povera anima mia,
perché è molto diverso da quello che mi si degnava comunicarsi prima; ma per
non mancare all’obbedienza qualche cosa dirò.
Il giorno 14 marzo 1816, circa le ore 4 italiane della notte, stavo
scrivendo questi fogli, era tutto raccolto il mio spirito, quando fui
sopraffatta da profondo sonno, che mi convenne di lasciar di scrivere. Credetti
veramente sonno naturale, ma nell’abbandonarmi che feci, intesi una innovazione
di spirito, che mi trasformò. Questo, per quanto potei capire, mi parve che non
durasse più di un quarto d’ora. Mi desto, e mi trovo presente Dio, in una
maniera che non so spiegare. La povera anima mia nel trovarsi tanto vicina al
suo Dio, si struggeva di amore in lacrime, parte per ricordarmi i gravissimi
torti fatti a questo buon Dio, parte per tenerezza e per gratitudine di vedermi
tanto beneficata, con tanto demerito.
Nel tempo che l’anima stava tutta sprofondata nel suo nulla, e piangeva con
abbondanti lacrime i suoi peccati; Dio, mosso da compiacenza, si mostrava tutto
amore, tutto benevolenza, verso la povera anima mia. Alla cognizione
dell’infinito amore di Dio, mi cagionò dolce deliquio di amore, e, tutta
nell’immenso seno del suo Dio si abbandonò la povera anima mia; in questo tempo
perdetti ogni intendimento, per essermi tanto internata nell’immensità di Dio.
In questa situazione l’anima non si avvede quanto Dio opera in lei, ma per
parte di intima cognizione conosce di aver ricevuto grazie da Dio. Non so dir
di più, non so spiegarmi meglio.
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