Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Beata Elisabetta Canori Mora
Diario

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE SECONDA – LE NOZZE MISTICHE (Dal 1813 al 1819)
    • 36 – PERDUTA NELLA DIVINA IMMENSITÀ
      • 3. L’anima arrivò a lottare con il suo Dio
Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

3. L’anima arrivò a lottare con il suo Dio

 

Dopo aver goduto di quella presenza di Dio, come già dissi, la sera del 14 marzo 1816, che riempì il mio cuore di gaudio e di dolcezza, il 15 del suddetto mese, nella santa Comunione, si riempì il mio cuore di gravissima mestizia. La tristezza e l’affannosa pena mi faceva piangere e sospirare; andava ogni momento più a farsi grande la mia pena, sicché in poche ore l’anima arrivò al colmo del patire. Sentivo lacerarmi il cuore dall’amarezza e dall’afflizione; lo spirito era circondato da gravissime pene, era immerso nelle pene più afflittive di spirito che possono mai ridirsi. In questo patire però non si allontanava l’anima dal suo Dio, ma con sommo ardore tra quelle pene avidamente lo cercava; Dio, invece di farsi trovare in aspetto piacevole, mi si dava a vedere in aspetto terribile e spaventoso, quasi sul momento di precipitarmi senza pietà; ma l’anima invece di fuggire questo Dio terribile, viepiù gli si avvicinava; più Dio si mostrava terribile, in atto di scaricare sopra di questa i più spietati flagelli, e più l’anima gli si faceva sotto, compiacendosi di restare annientata per compiacerlo. Con santo ardire andava replicando: «Annientami, annichilami, sempre tua sarò».

Ed intanto le si faceva più sotto senza timore, ma sopraffatta dalla compiacenza di dar gusto al suo amato bene, disprezzava ogni qualunque gravissimo male, ogni qualunque gravissima pena e quasi sfidando la sua divina giustizia a castigarmi con i più spietati flagelli.

Intanto l’anima, affidata alla sua divina grazia, pregava acciò mi volesse dare invitta costanza, per disprezzare ogni pena e travaglio per amor suo. A nostro modo di intendere l’anima arrivò a lottare con il suo buon Dio. Dio le mostrava la sua severità, e l’anima gli mostrava la sua fedeltà, la sua costanza, mediante il suo divino aiuto.

Che grazie siano queste, mi pare che non si possano esprimere da qualunque dotto oratore. Dunque cosa dirò io, che sono tanto miserabile e tanto vile? Mentre l’anima per mezzo della grazia viene tanto a sollevarsi sopra se stessa, e operando con sublimità di affetto, per mezzo della volontà veniva ad esercitare una costanza eroica, una fortezza invitta, una fiducia filiale, mentre l’anima tutta si appoggiava agli infiniti meriti del suo buon Gesù.

 

Dal giorno 15 marzo fino al giorno 21 del suddetto mese 1816, il mio spirito è stato in questa suddetta situazione, ora patendo pene gravissime, ora sopraffatta dall’amore, cercavo di patire di più.

 




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

IntraText® (V89) Copyright 1996-2007 EuloTech SRL