Il dì 14 aprile, giorno della Santa
Pasqua, si accrebbe viepiù nel mio cuore il gaudio, e la letizia faceva
esultare lo spirito; piena di santo affetto, con replicati atti di amore si
slanciava lo spirito verso l’amante Gesù, e congratulandosi con lui per la
gloria e per il trionfo riportato con la sua preziosissima morte; quando
l’anima si fu inoltrata nella considerazione di sì vasto trionfo d’amore, e
piena di ammirazione, con la grazia di Dio, ne penetrava la profondità,
sopraffatta dall’amore, alla considerazione di simile eccesso, l’anima,
sollevata sopra se stessa, lodava, amava, ringraziava incessantemente il suo
amorosissimo Gesù.
Quando ad un tratto mi apparve il buon Gesù, qual trionfante guerriero,
accompagnato da immenso stuolo di Angeli; ma la sua bellezza, la sua vaghezza
non si può descrivere, un purissimo splendore scintillava dal suo volto, che
teneva assorte le potenze dell’anima mia, e come incantata non avevo più che
desiderare né che pensare; ma, sopraffatta dall’ammirazione, ardentemente amavo
l’amabilissimo mio Signore. Salito sopra un monte si degnò benedirmi. I buoni
effetti che cagionò nell’anima mia la sua benedizione non mi è possibile
manifestare; restò il mio spirito estatico e come assorbito dallo splendore che
tramandava da ogni intorno il venerando suo corpo, che per otto giorni ne godei
i buoni effetti.
Ebbi nei suddetti otto giorni particolare ispirazione di chiedere al
principe degli apostoli, san Pietro, un santo apostolo per guida, per
direttore. Pregai dunque con grande istanza il gran principe degli apostoli,
perché mi avesse, secondo il mio spirito, dato un santo apostolo per
protettore. Non sdegnò il santo la povera mia preghiera, ma si degnò darmi per
guida e protettore il glorioso san Giacomo il Maggiore, il quale mi apparve
vestito da pellegrino, e mi mostrò una lunga strada, molto stretta, dritta e
piana; mi fece intendere che questa mi avrebbe condotto direttamente al mio
Dio, che in questa strada mi veniva significata la mortificazione. Mi esortò a
darmi alla pratica di sì bella virtù.
Appena il santo ebbe ammaestrato il mio spirito intorno a questa virtù, che
al momento nacque in me un gran desiderio di darmi alla pratica di questa bella
virtù, come in effetti feci, con la licenza del mio padre spirituale mi diedi
alla pratica di questa virtù con maggiore impegno di prima.
Dal dì 21 aprile 1816, giorno dell’ottava di Pasqua, fino al giorno della
vigilia dell’Ascensione del Signore, il mio spirito ha sofferto pene gravissime
di abbandono, di smarrimento, di ogni sorta di pene di spirito.
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