Il dì 23, giorno dell’Ascensione, 23
maggio 1816, il mio spirito, illuminato da particolare luce e sollevato a
contemplare gli alti misteri della nostra redenzione, a cognizione così sublime
lo spirito si profondò nell’amore grande di Dio e si accese di santo e puro
amore. L’amore mi fece ascendere ad una particolare unione con Dio, ma unione
tanto particolare che non ho termini di poterla manifestare. Basta dire che dal
giorno 23 suddetto fino al 2 giugno 1816 di questa unione ne godei i buoni
effetti.
In questi dieci giorni perdetti ogni idea sensibile, e assorta tutta in
Dio, se ne stava la povera anima per le frequenti comunicazioni che aveva con
il suo Dio. Dovetti in questi dieci giorni privarmi affatto di conversare,
perché nessuno si avvedesse di quello che passava nel mio spirito.
Si combinò in questi giorni che mi furono a trovare certi santi religiosi
e, dovetti soffrire il rossore, la confusione di vedermi tutto ad un tratto
incapace di ogni sensazione, per il forte tocco di Dio, che rapidamente chiamò
lo spirito. Sicché, alienata dai sensi, restai con mia somma confusione alla
presenza di quei santi religiosi, che mi avevano favorito di una loro visita.
Cosa mai godé il mio spirito in questi giorni non mi è possibile
manifestarlo. Sopraffatta da interna quiete e da particolare raccoglimento e da
particolare cognizione di se stessa, si profondava nel proprio suo nulla, e Dio
la degnava di innalzarla, per mezzo di sublimi cognizioni dell’infinito suo
essere. A queste cognizioni l’anima operava cose molto grandi verso il suo Dio;
e Dio, compiacendosi nell’anima, la univa a sé intimamente, di maniera che, per
lo spazio di dieci giorni, il mio spirito non fu capace di comprendere nessuna
cosa sensibile, per le frequenti comunicazioni che aveva con Dio, molte furono
le grazie che si degnò Dio compartirmi per mio e per l’altrui vantaggio, e
sono: l’efficacia della preghiera per gli altrui vantaggi, beneficare tutti
quelli che mi fanno del bene e salvarli, come ancora salvare tutte quelle anime
che sono a me unite, per mezzo di particolare unione.
Le grazie particolari che Dio si degnò compartirmi furono tre gradi
maggiori di fede, speranza e carità. Queste tre grazie mi furono compartite
dalle tre divine Persone, che nell’unità e trinità si degnarono favorirmi con
specialità di affetto, e introdurmi nel vastissimo oceano della loro divina
immensità. Un solo Dio in tre persone divine: oh portento incomprensibile, io
non ti posso né comprendere, né spiegare! Mi umilio dunque nel profondo del mio
nulla, e profondamente ti adoro e ti riverisco, ti confesso per quel Dio
immenso, incomprensibile che sei. Per mezzo di queste ed altre simili
cognizioni, l’anima restò inabissata e tutta perduta in Dio.
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