Dal dì 16 giugno 1816 fino al dì 22 giugno
1816 il mio spirito fu sopraffatto da pene interne gravissime, che lo ridussero
all’ultima desolazione, ma nonostante mai lo spirito si dipartì dal suo Dio, ma
con costanza invitta, somministratami dalla grazia, affrontavo il patire, e con
petto forte sfidavo l’inferno tutto, compiacendomi di essere straziata dalla
gravissima pena che soffrivo, per amore di quel crocifisso Signore, che si
compiacque di essere straziato per amor mio.
Più si faceva grave la pena, più trovavo forte lo spirito. Tanto fu grande
il patire interno ed esterno di questi giorni, che più volte mi ridusse a stare
stramazzone sul suolo, eppure lo spirito, pieno di coraggio, tutto affrontava
per amore del suo Signore, protestandosi con somma frequenza che se il
possedere Dio mi fosse dovuto costare un inferno, non di pena, ma di contento
mi sarebbe questo patire.
In questa guisa andava Dio purificando il mio spirito, per così disporlo a
ricevere dall’infinito suo amore un favore molto distinto. Con la grazia di
Dio, io aggiungevo all’interno patire digiuni, penitenze, lunghe orazioni,
bramando di essere un puro perfetto olocausto, e qual vittima di amore, finire
la vita per sostenere virilmente l’amore.
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