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Beata Elisabetta Canori Mora
Diario

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE SECONDA – LE NOZZE MISTICHE (Dal 1813 al 1819)
    • 39 – VOGLIO UNIRTI IN SACRO MATRIMONIO
      • 2. Come Caterina da Siena
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2. Come Caterina da Siena

 

Il 19 suddetto fui favorita da Dio nella santa Comunione con grazia molto particolare, ma non so manifestare con termini proporzionati cosa tanto sublime, mentre fu sollevato il mio spirito ad un grado tanto intimo di unione, che credetti di finire la vita. La dolcezza, la soavità, l’amore essenziale che godeva la povera anima mia mi necessitava a dire, ebria di santo amore: «Basta, mio amore, basta Signore; basta, non più, sostener non posso la piena del vostro infinito amore. Basta, Signore; basta, non più».

Il profondo silenzio fu interrotto da dolce voce: «Figlia diletta», sento chiamarmi, «e se a te basta, non basta al mio amore. Altra grazia ti ha preparato l’infinito mio amore: il giorno 23 con sacro matrimonio intimamente a me ti unirò. Questo favore che voglio a te compartire non è meno grande di quello che mi compiacqui di fare alla mia serva Caterina da Siena».

A queste parole qual mi restassi non so ridire, ricordevole della mia infedeltà mi confondevo, mi umiliavo profondamente, piangevo con abbondanti lacrime le mie gravi colpe. Fui sopraffatta da viva contrizione.

Intanto il Signore sollevava il mio spirito per mezzo di intima cognizione, dandomi a conoscere l’infinito suo amore quanto parziale sia verso di me, misera sua creatura. A queste cognizioni si struggeva il mio cuore in lacrime di gratitudine, di amore; piena di santo affetto, tutta tutta mi offrii al suo divino beneplacito, acciò avesse fatto di me ciò che più gli piacesse: «Domine, quid de me vis facere», ripeteva la povera anima mia, «fiat, fiat voluntas tua».

Abbandonata che fui nel divino suo bene tutto in lui riposò il mio cuore, mi fece sperimentare i mirabili effetti del suo parziale amore.

 

Dal giorno 19 ottobre 1816 fino a tutto il 22 il mio spirito si andò disponendo al sopraddetto favore. Dio medesimo andava disponendo l’anima in una maniera molto particolare, trattenendola in replicate cognizioni, ora di se stessa, ora dell’infinito amore che mi porta. L’anima con santa umiltà si annientava in se stessa e piangeva i propri peccati, con vivissima contrizione, che sarebbe stata capace di levarmi la vita, se Dio da questa contrizione non mi avesse sollevata alla cognizione più alta del suo infinito amore.

Allora l’anima, qual cerva ferita, cercava l’amata fonte del santo amore. Trovo il fonte dell’acqua viva e m’immergo, sono sopraffatta dalla piena delle dolcissime acque. Allora l’anima, ebbria di santo amore, andava replicando cento e mille volte il dolce suo nome, per dare così qualche refrigerio a quella viva fiamma, che tutto tutto mi bruciava il cuore.

«Gesù», dicevo con viva espressione, «dolce Gesù, fa’ che ti ami ogni momento di più». Gesù era nella mia mente, Gesù era nel mio cuore, Gesù era in tutta me; tutti i sentimenti miei invocavano Gesù: il mio sangue, le mie ossa, le mie interiora, tutti tutti invocavano Gesù; sicché il dolce eco risuonava nell’intimo dell’anima mia. La dolce armonia mi fece dimenticare ogni altra idea, di maniera che più non conoscevo altra parola che il dolcissimo nome di Gesù, non sapevo più proferire parola che non dicessi Gesù.

In questa guisa andò disponendo l’anima mia alla particolare unione di sacro matrimonio, come già le aveva promesso. Sicché dal giorno 19 ottobre fino al 23 suddetto, il mio spirito fu assorto in Dio, in una maniera molto particolare. L’amore grande che mi compartì Dio in questi giorni non mi è possibile manifestare.

 




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