Il dolce mio amore, l’amabile Gesù, mi
fece sapere che alle sette della notte mi voleva compartire il celeste favore,
unendomi a lui intimamente con dolce nodo di santo amore. Tutto ad un tratto
cinta mi vedo di celeste splendore; l’anima mia fu sopraffatta da santo timore,
e piena di lacrime, diceva al Signore: «Mio Dio, non sono degna di sì alto
favore». E profondata nel proprio suo nulla, tutta tutta di amore in lacrime si
disfaceva; il mio cuore in santi affetti si esercitava, per così piacere al
sommo suo amore. La vita, il sangue più volte offrivo di quello che respirasse
il cuore.
Ebbria di amore, dicevo al Signore: «In croce per tuo amore voglio
morire!». Era tanto l’amore che sentivo al patire, che non ho termini di
poterlo ridire. Intanto l’amore a dismisura cresceva, che non lo potevo
contenere più. Il mio Dio sommamente si compiaceva per amore suo vedermi
languire. Tutto ad un tratto, vedo apparire maggiore splendore, nel mezzo del
quale mi parve vedere Gesù bambino, che, dal seno della sua santissima Madre,
amorosamente m’invitava ad avvicinarmi a lui, mostrandomi un prezioso anello,
mi chiamava, e, con gesti i più puri e cordiali, mi significava l’infinito suo
amore. Agli amorosi e replicati inviti del divin pargoletto, tutto tutto di
amore si accese il cuore nel petto, profondamente mi umilio e a lui mi avvicino,
non potendo più contenere il grande incendio di amore.
Il caro Bambino mi dona l’anello, e di propria mano lo collocò nel mio
dito. Oh dolce momento, oh dolce contento il mio cuore provò! l’anima mia di
sacro incendio viva viva bruciò, e stemperata di amore e di affetto, tutta
liquefatta di amore restò. Lo sposo diletto invitò l’anima al sacro riposo,
allora fui sopraffatta da celeste splendore, fino il mio corpo in alto si
sollevò. In questo tempo cosa seguisse io non so ridire, la dolce impressione
che fece nel mio cuore la particolare unione del mio Signore non so ridire. Una
nuova vita mi parve di respirare; in quel momento un altro cuore Gesù mi donò,
tutto conforme al suo divino amore. Il divin fanciulletto, aprendosi il petto,
mi dava a conoscere l’infinito suo amore. Rompendo il silenzio, la dolce sua
voce così mi parlò: «Amata colomba, diletta mia sposa, vieni, entra e riposa
nel sacro mio cuore!».
Qual meraviglia, quale stupore, non era angusto il cuore del divin
fanciulletto, ma era qual mare immenso di amore. Replicando l’amoroso invito,
diceva: «Entra nel gaudio del tuo Signore», e, sommergendomi nella piena della
preziosa acqua, che scaturiva dall’amoroso suo cuore, restai tutta sommersa e
intimamente a lui unita.
Spettatori di questo favore furono i santi re magi, i santi patriarchi, la
divina madre Maria santissima, con il suo castissimo sposo Giuseppe e molti
spiriti celesti. Questi nobili personaggi furono spettatori e testimoni del
distinto favore; questi nobili personaggi mostravano l’alta loro meraviglia, il
loro stupore nel vedermi tanto favorita dal celeste sovrano, re del cielo e
della terra.
Mi fece intendere il Signore che di questo distinto favore ne voleva
particolare memoria. Non so spiegare di più, mentre si degnò Dio di avvicinarmi
tanto a lui, che arrivai a godere della sua medesima esistenza, per
partecipazione; a me pare che questo sia un grado di unione tanto intima, che
non possa più inoltrarsi creatura viatrice più di quello... non posso spiegar
di più, cosa mai godei nell’anima non è possibile manifestarlo. Molto
particolari furono i buoni effetti, e permanenti: per lo spazio di quindici
giorni mi tennero assorta in Dio.
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