Il dì 20 giugno 1817 fu sollevato il mio
spirito per mezzo di veemente rapimento. Fui intimamente unita a Dio, dopo aver
goduto un bene inenarrabile, mi fece intendere il Signore che mi fossi
preparata, che il giorno di san Giovanni Battista voleva di nuovo favorirmi con
la sua santa grazia, e compartirmi tre gradi di maggior perfezione.
Si andò dunque preparando il mio spirito mediante la suddetta grazia, con
la pratica della santa virtù, con le orazioni e digiuno, che fin dal 25 maggio
1817 si era di nuovo intrapreso, di cibarmi di una sola cioccolata ogni
ventiquattr’ore, come a suo luogo già dissi, per mezzo del suddetto favore mi
compartì Dio una particolare cognizione di me stessa, e una profonda umiltà,
sicché i tre giorni precedenti la festa del mio gran protettore san Giovanni
Battista altro non feci che piangere i miei gravi peccati, chiedendone
umilmente perdono al Signore, riconoscendomi per la creatura più scellerata,
nonostante questa cognizione che mi faceva piangere notte e giorno, sentivo nel
mio cuore una viva speranza che mi consolava, e una carità tanto perfetta che
mi sollevava a Dio, in maniera che dalla veemente contrizione passai ad un
veemente amore, che mi rendeva dolce e soave il pianto e la grave afflizione,
di maniera che il mio spirito restava sopito dalla dolcezza e dalla soavità del
Signore, che mi degnava dei suoi abbracciamenti.
Quanto ero in questa situazione godevo un profondo riposo, senza più
cercare né desiderare alcuna notizia di Dio, né alcuna cognizione, ma contenta
se ne stava la povera anima mia in questo profondo riposo, avendo una certa
sicurezza di riposare in Dio, suo Signore.
Il dì 24, festa del glorioso san Giovanni Battista del 1817, si destò ad un
tratto il mio spirito, e radunate le sue forze, per mezzo della grazia di Dio,
furono sollevate le potenze dell’anima mia. Alla penetrazione più intima, molto
sublimi furono le cognizioni che mi compartì Dio, dell’infinito suo essere. A
queste cognizioni l’anima passò a fare atti di amore di Dio, confondendosi nel
proprio suo nulla. Piena di gratitudine, piangeva amaramente le sue colpe, ne
chiedeva umilmente perdono al suo Signore, offrendosi di patire ogni qualunque
pena; per così compensare in qualche maniera l’amore tradito. Si degnò il
Signore di gradire la mia offerta, e intimamente a lui mi unì, facendomi
sperimentare gli effetti mirabili della sua divina grazia, concendedomi, per
sua infinita bontà, quanto mi aveva promesso, cioè tre gradi di maggior
perfezione, come già dissi di sopra. Di questa grazia immediatamente ne provai
i buoni effetti, mentre in quell’istante si accrebbe in me la carità verso Dio
e verso il prossimo, una profonda umiltà e un desiderio ardentissimo di piacere
al mio Signore, a costo di ogni gravissimo patimento. Questi buoni desideri
sono in me ancora permanenti, e spero che, per mezzo della grazia di Dio,
saranno perseveranti fino alla mia morte.
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