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Beata Elisabetta Canori Mora
Diario

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE SECONDA – LE NOZZE MISTICHE (Dal 1813 al 1819)
    • 42 – CROCIFISSA DA GESÙ STESSO
      • 4. Un digiuno che mi costava molta pena
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4. Un digiuno che mi costava molta pena

 

Dal 25 agosto 1818 tutto il mese di settembre 1818 il mio spirito la passò in somma quiete e gran raccoglimento. In questo tempo fui favorita dal Signore più volte, ma per aver trascurato lo scrivere non posso manifestarlo, perché non mi ricordo.

 

Il primo di ottobre 1818 per mortificare con maggiore rigore il mio corpo, benché fin dal 5 giugno 1818, come già dissi nei passati fogli, per ordine di Dio intrapresi il solito digiuno di un poco di pane con acqua, aceto e olio. Questo cibo usavo prenderlo ogni ventiquattr’ore, senza prendere nella giornata neppure una stilla d’acqua, né una mollica di pane. Questa sorta di digiuno mi costava molta pena, perché la fame e la sete molto mi molestava; ma per amore di Gesù Cristo mi compiacevo che il mio corpo patisse. Univo la mia fame e la mia sete a quella fame e sete che patì nostro amoroso Gesù in questa vita mortale. Il demonio invidioso non lasciava di assalirmi, e a tutto suo costo provava di rendermi impossibile il proseguire il suddetto digiuno, che con la licenza del mio padre spirituale avevo intrapreso fin dall’anno 1815, il mese di ottobre, le domeniche e i giovedì me li passavo con la sola Comunione. Questa astinenza si praticava da me per così compensare i disordini che si commettevano in questo mese, particolarmente nel giovedì e nella domenica, per mezzo di tanti divertimenti illeciti.

La novena di Gesù Nazareno un giorno sì e l’altro no, me la passavo con la sola Comunione, non prendendo alcun cibo per lo spazio di quarant’otto ore, e nel giorno che mangiavo non usavo che la cioccolata con un poco di burro, per così correggere il fuoco degli aromi della cioccolata, e alle volte ancora per obbedienza del mio padre spirituale ci mescolavo un poco di latte.

 

In questa guisa dal 24 ottobre 1818 fino all’8 dicembre si sono fatte da me tre novene, con la grazia del Signore, senza alcun danno della mia salute e senza pregiudizio degli affari domestici della famiglia, trovandomi sempre in forza di poter agire come se avessi mangiato pollastri e piccioni. Cosa invero tutta di Dio, perché la mia complessione molto delicata non avrebbe potuto reggere a questa sorta di digiuno, unitamente ad altre penitenze penali che praticavo quotidianamente.

 

 




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