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Beata Elisabetta Canori Mora
Diario

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE SECONDA – LE NOZZE MISTICHE (Dal 1813 al 1819)
    • 43 – SI PORTANO IN TRIONFO I VIZI CAPITALI
      • 3. Le mie mortificazioni
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3. Le mie mortificazioni

 

Il mese di ottobre del 1818...

Il mio letto era un piccolo strapuntino sopra la terra, il mio sonno era molto leggero e scarso, e per essere tanto assidua nelle orazioni, il mio riposo si poteva chiamare un sopimento di spirito mentre che si riposavano le mie membra, il mio spirito lo trovavo sempre alla presenza di Dio. Mi pareva il più delle volte di riposare nelle braccia del mio Dio. Più volte nel prendere sonno, mi vedevo tutta circondata da uno splendore e la mia mente veniva sollevata da pensieri santi, che mi dimostravano l’infinito amor di Dio.

In questa guisa passai ottobre, novembre e dicembre. Il mio corpo era alquanto afflitto, non tanto per la suddetta penitenza, quanto per il freddo eccessivo della stagione. Usando una simile astinenza, il freddo mi era molto più sensibile; passavano le intere settimane che di giorno e di notte ero tanto gelata che parevo un marmo effettivo. Non usavo il gran beneficio del fuoco, mi contentavo di patire per amore di Gesù Cristo; e alla considerazione dei suoi patimenti, prendevo ogni giorno più lena di patire per amor suo ogni qualunque patimento.

Fin dal 1804 che presi a mortificare il mio corpo, una delle mortificazioni che intrapresi, con somma mia pena e gran patimento, fu l’astenermi nell’inverno di riscaldarmi con fuoco. Questa penitenza fu per me molto dolorosa per avere il temperamento molto delicato, ma con la grazia di Dio ho potuto sostenere questa mortificazione per quindici anni, mentre adesso che scrivo siamo del 1819, mese di luglio, primo giorno del suddetto mese. Scrivo in Albano trovandomi in questo paese per prendere un poco d’aria, per potermi rimettere in salute da una lunga infermità, che in apresso ne darò ragguaglio.

Molto gradì il Signore per sua bontà e misericordia la mia intrapresa penitenza, che si degnava nelle orazioni di favorirmi con i suoi distinti favori. Con molta frequenza sollevava il mio povero spirito, e si degnava manifestargli cose molto grandi, riguardanti il suo infinito amore. Varie volte mi ha mostrato la sua divina giustizia, sdegnata contro di noi, poveri peccatori, e il tremendo castigo che voleva mandare sulla terra, per i gravi peccati che si commettono. Io dallo spavento mi pareva di morire, e incessantemente mi raccomandavo e, offrendo i meriti infiniti di Gesù Cristo all’eterno divin Padre, mi pareva di ottenere la grazia di dilazionare il tempo, per non vedere tante anime piombare all’inferno.

Io, benché la più miserabile di tutti le creature che abitano la terra, per essere la più indegna peccatrice, come è ben noto a vostra paternità reverendissima, mi offrii di patire ogni travaglio per la gloria di Dio e per il vantaggio del mio prossimo, sentendo nel mio cuore un’ardente fiamma di carità, che tutta tutta mi consumava di santo amore, unendomi ai meriti infiniti di Gesù Cristo, mi offrivo qual vittima di riconciliazione.

 




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