Il mese di ottobre del 1818...
Il mio letto era un piccolo strapuntino sopra la terra, il mio sonno era
molto leggero e scarso, e per essere tanto assidua nelle orazioni, il mio
riposo si poteva chiamare un sopimento di spirito mentre che si riposavano le
mie membra, il mio spirito lo trovavo sempre alla presenza di Dio. Mi pareva il
più delle volte di riposare nelle braccia del mio Dio. Più volte nel prendere
sonno, mi vedevo tutta circondata da uno splendore e la mia mente veniva
sollevata da pensieri santi, che mi dimostravano l’infinito amor di Dio.
In questa guisa passai ottobre, novembre e dicembre. Il mio corpo era
alquanto afflitto, non tanto per la suddetta penitenza, quanto per il freddo
eccessivo della stagione. Usando una simile astinenza, il freddo mi era molto
più sensibile; passavano le intere settimane che di giorno e di notte ero tanto
gelata che parevo un marmo effettivo. Non usavo il gran beneficio del fuoco, mi
contentavo di patire per amore di Gesù Cristo; e alla considerazione dei suoi
patimenti, prendevo ogni giorno più lena di patire per amor suo ogni qualunque
patimento.
Fin dal 1804 che presi a mortificare il mio corpo, una delle mortificazioni
che intrapresi, con somma mia pena e gran patimento, fu l’astenermi
nell’inverno di riscaldarmi con fuoco. Questa penitenza fu per me molto
dolorosa per avere il temperamento molto delicato, ma con la grazia di Dio ho
potuto sostenere questa mortificazione per quindici anni, mentre adesso che
scrivo siamo del 1819, mese di luglio, primo giorno del suddetto mese. Scrivo
in Albano trovandomi in questo paese per prendere un poco d’aria, per potermi
rimettere in salute da una lunga infermità, che in apresso ne darò ragguaglio.
Molto gradì il Signore per sua bontà e misericordia la mia intrapresa
penitenza, che si degnava nelle orazioni di favorirmi con i suoi distinti
favori. Con molta frequenza sollevava il mio povero spirito, e si degnava
manifestargli cose molto grandi, riguardanti il suo infinito amore. Varie volte
mi ha mostrato la sua divina giustizia, sdegnata contro di noi, poveri
peccatori, e il tremendo castigo che voleva mandare sulla terra, per i gravi
peccati che si commettono. Io dallo spavento mi pareva di morire, e
incessantemente mi raccomandavo e, offrendo i meriti infiniti di Gesù Cristo
all’eterno divin Padre, mi pareva di ottenere la grazia di dilazionare il
tempo, per non vedere tante anime piombare all’inferno.
Io, benché la più miserabile di tutti le creature che abitano la terra, per
essere la più indegna peccatrice, come è ben noto a vostra paternità
reverendissima, mi offrii di patire ogni travaglio per la gloria di Dio e per
il vantaggio del mio prossimo, sentendo nel mio cuore un’ardente fiamma di
carità, che tutta tutta mi consumava di santo amore, unendomi ai meriti
infiniti di Gesù Cristo, mi offrivo qual vittima di riconciliazione.
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