Il mio corpo, in particolare, fu tanto
grande il tormento che soffrì negli occhi, cagionatomi da quel bitume e piombo
bollente, che dall’alto mi versavano quei crudeli demoni, acciò per mezzo di
questo spasimo avessi negato la fede di Gesù Cristo, che dal gran dolore
divenni cieca. La bocca me la tormentavano con un ferro tagliente, che tutto il
palato era lacero e nella bocca mi pendevano tutti pezzi di carne, in maniera
che non la potevo aprire per niente.
Il dolore era veramente eccessivo, mi raccontano che, per lo spazio di
cinque giorni, non volli mai aprire la bocca, perché non potevo. Con violenza
mi davano qualche gelato e qualche ristoro con somma mia pena. Il collo me lo avevano
tanto tormentato con altri martiri, che mi pareva alle volte che la testa mi si
troncasse dal busto. Il viso me lo tormentavano con due pietre infuocate; mi
arroventavano le guance, calcandomi con somma forza le suddette pietre
infuocate.
Tutto il mio corpo era tormentato da fuoco infernale, e tutti questi
supplizi, per l’infinita misericordia di Dio, non poterono vincere la fortezza
che per pura bontà il mio Dio mi aveva comunicato. Forte ed intrepido se ne
stava il mio spirito in mezzo a sì spietati patimenti, confessando sempre il
nome di Gesù Cristo, protestavo di essere fino all’ultimo respiro della mia
vita fedele seguace di Gesù Cristo crocifisso, protestandomi che, a costo di
qualunque supplizio avesse potuto inventare l’inferno contro di me, sempre e
poi sempre volevo confessare e professare la fede e legge di Gesù Cristo, ed
essere sua vera seguace.
A queste continue e frequenti proteste si accresceva a dismisura la loro
rabbia, e con diabolici tormenti viepiù contro di me incrudelivano,
strapazzando il mio corpo con crudeli tormenti. Ero veramente ridotta in uno
stato tanto deplorabile, che facevo compassione a tutti quelli che mi vedevano;
mentre, benché io non accusassi a nessuno tutto quello che pativo, e da chi lo
pativo, nonostante mi dicono che il mio corpo era tutto deformato, e benché si
conosceva che molto pativo, mi dicono che si conosceva che pativo assai più di
quello che appariva.
In mezzo a tutti questi gravissimi patimenti, che io non ho termini di
spiegare, ma solo in quell’altra vita si vedrà, a gloria del medesimo Dio, qual
forza abbia mai comunicato al povero mio spirito, per sostenere una sì forte e
terribile battaglia contro l’inferno tutto, mentre tutti quei diabolici spiriti
tutti tutti congiuravano contro di me, la loro rabbia era di vedermi tanto
favorita da Dio onnipotente, che, ad onta dei loro tormenti, con costanza
invitta sostenevo tutti i loro tormenti, e confessavo con santo ardire la fede
del mio amantissimo Gesù, mostrando loro l’amore grande che verso questo buon
Dio io racchiudevo nel mio seno, e mi protestavo con tutta la sincerità del mio
cuore, che a costo di ogni gravissimo patimento volevo essere a lui fedele; ma
la maggior mia pena era che io, in mezzo a tanti patimenti non solo sensibili,
strapazzando il mio corpo, come già ho detto, ma il maggior mio patimento era
nel resistere alle forti suggestioni di questi maligni spiriti, che, non
potendomi vincere con tanti tormenti, volevano sovvertirmi con grandi promesse,
offrendomi tutti gli onori, tutte le ricchezze che si possono godere sopra la
terra.
Mi esortavano ad avere compassione di me stessa, dicevano che tanto strazio
mi avrebbe cagionato la morte; con queste ed altre suggestioni infastidivano il
mio spirito, perché cedessi alle loro voglie; ma il mio spirito, confortato
dalla grazia di Dio, era assai più forte di un robusto leone, a fronte dei più
deboli animali, mi ridevo di tutti i loro tormenti e di tutte le loro
diaboliche suggestioni, rispondevo con santo ardire: «Come mi potete dare
quello che non avete? E come volete che io creda al padre delle bugie e
dell’infedeltà? Rinunzio a Satana e a tutte le sue diaboliche suggestioni e a
tutte le sue promesse. Rinunzio al mondo e alla carne e a tutte le loro
promesse e falsi piaceri. Protesto di mortificare il mio corpo con digiuni,
veglie, vigilie e penitenze, con la debita licenza del mio confessore.
A queste mie forti proteste, unitamente ad una sincera e sicura speranza in
Dio, che con tutta fede e carità chiamavo in mio aiuto l’infinita potenza del
divin Padre, la sapienza del divin Figlio, la virtù del divin Spirito, li
invocavo con tanto fervore e fiducia, che quei crudelli maligni spiriti
fremevano dalla rabbia, si contorcevano e tremavano di spavento, e fuggivano
pieni di confusione.
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