A questa preghiera, a questa mia
esclamazione, il pietosissimo mio Dio si degnava di confortarmi con i suoi
celesti favori, e tra le tante grazie, una di quelle che mi recava maggior
conforto era che ad un tratto vedevo un bello splendore che tutta di luce
riempiva la povera anima.
A questa vista si riempiva di gaudio il mio cuore, fissavo l’occhio della
mente, e vedevo nel mezzo del bello splendore la sacrosanta particola. A questa
vista mi balzava il cuore nel seno per il contento, e piena di santi affetti di
umiltà, di riverenza, di adorazione, di desiderio ardente, bramavo di ricevere
questo divino sacramento; ma prima che mi apparisse questa divina luce, io con
ardente desiderio invitavo il mio amorosissimo Dio a venire a visitare la
povera anima mia in questo divino sacramento, con tanta ansietà ed amore
ardente invitavo il mio Dio a prendere possesso dell’anima mia, che tutta mi
disfacevo in lacrime di amore e di gratitudine, riconoscendomi indegna di
questo favore.
Offrivo i meriti infiniti di Gesù Cristo, con questi ed altri affetti ferventissimi
invitando il mio Gesù, che sotto le specie sacramentali si degnasse venirmi a
visitare: «Venite», dicevo, «venite, sacramentato mio Gesù, a visitare la
povera anima mia peccatrice! Io vi credo realmente presente nel santissimo
sacramento dell’altare, e per questa gran verità sono pronta a dare il sangue e
la vita in mezzo ai più spietati tormenti. Venite, Gesù mio, a visitare la
povera anima mia che ardentemente vi desidera».
Con queste e simili altre espressioni invitavo il mio Gesù sacramentato. A
questi santi desideri, che mi venivano comunicati dalla grazia del Signore,
quei mostri infernali, pieni di rabbia e di furore, prendevano a strapazzare il
mio corpo con tanta rabbia, facendomi provare tormenti tanto fieri e crudeli,
che mi pareva ogni momento di perdere la vita sotto sì spietati tormenti. Mi
tormentavano le guance con due pietre infuocate, arroventate da un fuoco che io
non ho termini di poterlo spiegare; queste me le calcavano con tanta rabbia
sopra il viso che io credevo ogni volta di restare estinta, per il gran dolore,
per il grande spasimo.
Tutto questo lo soffrivo da questi maligni spiriti, perché non volevano che
io desiderassi ricevere il santissimo sacramento dell’eucaristia. Tanta era la loro
rabbia, tanto era grande il loro sdegno che mi facevano provare i supplizi più
crudeli; ma, per mezzo della grazia di Dio, invece di arrendermi a tanti e sì
spietati tormenti, il mio povero spirito sempre diveniva gagliardo, e piena di
coraggio, in mezzo agli stessi tormenti, confessavo la fede di Gesù Cristo, e
desideravo ardentemente riceverlo nel santissimo sacramento dell’altare. Alle
mie costanti proteste, agli ardenti miei desideri, quei barbari mostri viepiù
incrudelivano contro di me. Quando ad un tratto quei maligni spiriti, pieni di
confusione, lasciavano di tormentarmi, e si davano alla fuga, perché dal
braccio onnipotente erano vergognosamente fugati e mandati alla malora dalla
voce onnipotente di Dio, che dolce si faceva sentire dalla povera anima mia.
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