Era già scorsa la seconda domenica di Quaresima,
quando erano terminate le facoltà di celebrare le sette Messe nella mia
cappella, e ancora non ero abile a sortire di casa, per la grandissima
debolezza che mi aveva cagionato il surriferito male di stomaco. Si tornò a
pregare il Santo Padre che volesse concedermi la grazia di farmi celebrare per
altre sei volte la santa Messa e per ancora fare tutte e sette le volte la
santa Comunione.
Il Santo Padre, per sua bontà, mi accordò la licenza; questa licenza mi
servì di somma consolazione, benché soffrivo molti incomodi di salute e mi
vedevo così debole che più o meno dovevo guardare il letto, ciò nonostante ero
così rassegnata alla divina volontà, che sarei stata contenta di passare tutta
la mia vita così infermiccia, tanto era grande il contento di vedere che per
amor mio si degnava Dio, per sua infinita bontà, scendere dal cielo in terra e
venire a visitare la povera anima mia, per mezzo della santa Comunione. Ero
veramente il più delle volte fuori di me stessa, al grande riflesso che Dio si
degnava, per mezzo delle parole della consacrazione, scendere dal cielo e
venire nella mia cappella, per essere da me ricevuto nella santissima
Eucaristia.
Questo pensiero mi teneva tutta occupata la mente, che me la passavo notte
e giorno in continue orazioni, e, piena di ammirazione per questo gran favore
che mi compartiva il mio amorosissimo Dio, mi dedicavo tutta al suo divino
beneplacito, quante lacrime versavo di amore, di gratitudine, di dolore per
averlo offeso; mi offrivo di patire ogni qualunque pena, in soddisfazione dei
miei gravi peccati, e per soddisfare, per compiacere la bella volontà di Dio.
Tanto era grande il desiderio di ricevere Gesù Cristo, che non era
terminata la terza settimana di Quaresima che mi ero goduta le sei licenze
delle sei Messe. Mi raccomandai caldamente al Signore che, se gli piaceva di
tenermi così infermiccia senza poter sortire, io ero contenta, ma lo pregai
incessantemente che non mi privasse del contento grande che era di riceverlo
frequentemente nella santa Comunione. Ma era finita ogni mia speranza, mentre
mi mancava il coraggio di supplicare nuovamente il Papa ad accordarmi altre
licenze di celebrare nella mia cappella delle altre Messe, perché mi pareva di
abusare troppo della bontà del Santo Padre.
Ero dunque molto afflitta per questo, conoscendo benissimo che molto tempo
ci sarebbe voluto prima di potere sortire da casa, ma quello che pareva a me
tanto difficile, non fu difficile all’amoroso mio Dio. La vigilia di san
Giuseppe fu una persona a visitarmi, alla quale raccontai la mia grande
afflizione, questa persona mi rispose che mi fossi raccomandata al Signore,
come già facevo, che sperava ottenermi dal Santo Padre la grazia di farmi
celebrare qualche altra Messa nella mia cappella; sicché questa persona ne fece
subito parlare al Papa, e il Santo Padre mi accordò la licenza che, durante i
miei incomodi, si potessero celebrare nella mia cappella tre Messe la
settimana.
Questa grazia mi fu concessa dal Santo Padre la vigilia di san Giuseppe, il
giorno 18 marzo 1819. Quanto grande fosse il mio contento per questa grazia non
mi è possibile poterlo manifestare. Quanto grandi furono i miei ringraziamenti,
che tutti i giorni porgevo all’Altissimo, per aver ricevuto la suddetta grazia!
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