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Beata Elisabetta Canori Mora
Diario

IntraText CT - Lettura del testo

  • PARTE SECONDA – LE NOZZE MISTICHE (Dal 1813 al 1819)
    • 46 – LA VISITA DI UN DIO AMANTE
      • 5. Nuovo permesso di celebrare nella mia cappella
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5. Nuovo permesso di celebrare nella mia cappella

 

Era già scorsa la seconda domenica di Quaresima, quando erano terminate le facoltà di celebrare le sette Messe nella mia cappella, e ancora non ero abile a sortire di casa, per la grandissima debolezza che mi aveva cagionato il surriferito male di stomaco. Si tornò a pregare il Santo Padre che volesse concedermi la grazia di farmi celebrare per altre sei volte la santa Messa e per ancora fare tutte e sette le volte la santa Comunione.

Il Santo Padre, per sua bontà, mi accordò la licenza; questa licenza mi servì di somma consolazione, benché soffrivo molti incomodi di salute e mi vedevo così debole che più o meno dovevo guardare il letto, ciò nonostante ero così rassegnata alla divina volontà, che sarei stata contenta di passare tutta la mia vita così infermiccia, tanto era grande il contento di vedere che per amor mio si degnava Dio, per sua infinita bontà, scendere dal cielo in terra e venire a visitare la povera anima mia, per mezzo della santa Comunione. Ero veramente il più delle volte fuori di me stessa, al grande riflesso che Dio si degnava, per mezzo delle parole della consacrazione, scendere dal cielo e venire nella mia cappella, per essere da me ricevuto nella santissima Eucaristia.

Questo pensiero mi teneva tutta occupata la mente, che me la passavo notte e giorno in continue orazioni, e, piena di ammirazione per questo gran favore che mi compartiva il mio amorosissimo Dio, mi dedicavo tutta al suo divino beneplacito, quante lacrime versavo di amore, di gratitudine, di dolore per averlo offeso; mi offrivo di patire ogni qualunque pena, in soddisfazione dei miei gravi peccati, e per soddisfare, per compiacere la bella volontà di Dio.

Tanto era grande il desiderio di ricevere Gesù Cristo, che non era terminata la terza settimana di Quaresima che mi ero goduta le sei licenze delle sei Messe. Mi raccomandai caldamente al Signore che, se gli piaceva di tenermi così infermiccia senza poter sortire, io ero contenta, ma lo pregai incessantemente che non mi privasse del contento grande che era di riceverlo frequentemente nella santa Comunione. Ma era finita ogni mia speranza, mentre mi mancava il coraggio di supplicare nuovamente il Papa ad accordarmi altre licenze di celebrare nella mia cappella delle altre Messe, perché mi pareva di abusare troppo della bontà del Santo Padre.

Ero dunque molto afflitta per questo, conoscendo benissimo che molto tempo ci sarebbe voluto prima di potere sortire da casa, ma quello che pareva a me tanto difficile, non fu difficile all’amoroso mio Dio. La vigilia di san Giuseppe fu una persona a visitarmi, alla quale raccontai la mia grande afflizione, questa persona mi rispose che mi fossi raccomandata al Signore, come già facevo, che sperava ottenermi dal Santo Padre la grazia di farmi celebrare qualche altra Messa nella mia cappella; sicché questa persona ne fece subito parlare al Papa, e il Santo Padre mi accordò la licenza che, durante i miei incomodi, si potessero celebrare nella mia cappella tre Messe la settimana.

Questa grazia mi fu concessa dal Santo Padre la vigilia di san Giuseppe, il giorno 18 marzo 1819. Quanto grande fosse il mio contento per questa grazia non mi è possibile poterlo manifestare. Quanto grandi furono i miei ringraziamenti, che tutti i giorni porgevo all’Altissimo, per aver ricevuto la suddetta grazia!

 




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